REALTA' DI URBINO
L'Associazione Regresso Arti: Urbino è stata la condizione ideale, ed elemento di comunione per
artisti che hanno avuto la fortuna di assimilare quellinondante equilibrio tra arte
e natura che ogni altra cosa sovrasta nella Città del Duca e che la rende immune dal
nichilismo della grande metropoli e dal provincialismo della citta moderna. Grande personalità, ma molto malleabile, capacità di capire le mode e le correnti del tempo, sottomissione completa ai "veri potenti", celata dietro la posa di artista ribelle e politicamente impegnato. LAssociazione Regresso Arti, è aperta a tutti coloro che condividendone le idee e quindi i programmi, intendono sostenere, secondo le proprie competenze e possibilità, le attività della stessa, quindi si rivolge non solo agli artisti ma anche ai dilettanti ed agli amanti dellarte in genere e della cultura tradizionale, che verranno informati sulle attività svolte, su mostre e corsi da essa organizzati. |
URBINO VIOLATA E MANOMESSA: La Data: De Carlo "manomette" le stalle del
Palazzo Ducale
Nel sito www.uniurb.it troverete pro e contro, troverete in merito questioni economiche, politiche,
culturali. Lettera al ministro Melandri Comitato spontaneo per la Data
Urbino Urbino, febbraio 1999 "GOD SAVE URBINO" di Andrea Emiliani -
Ancora una volta
Urbino e il Rinascimento sono in prima pagina, e per giunta sul Daily Telegraph: meglio
ancora, nell'edizione domenicale più letta, il Sunday. E vi appaiono con i Torricini,
cioè con il pezzo di architettura più famoso del mondo, pari alla fiorentina cappella
de' Pazzi di Brunelleschi o al Pantheon di Agrippa a Roma. Ammettereste infatti di
costruire davanti a questi monumenti un edificio un po' ortopedico, di acciaio e cemento,
più o meno nascosto come un wafer tra due muraglioni, per esibire un altro inutile museo?
Attenzione, inutile vuol dire che non esistono neppure i materiali, nemmeno un pezzo, per
farci un museo. Si tratta dunque di un classico "segno della modernità": ma perché
costruirlo, proprio tra i piedi di Luciano Laurana, dicono con argomenti pesanti,
nientemeno che Ernst Gombrich e con lui Denis Mahon? *** Urbino 17 Dicembre 2000. Intervista allo
storico d'arte Andrea Emiliani: che non lascia, raddoppia. "Sulla Data evitiamo lo
schiaffo". Andrea Emiliani Polo: "Ora sulla Data il Comune farà i conti con
L'Unesco" URBINO Abbiamo dato ieri notizia
dell'apertura di un 'istruttoria da parte dell'Icomos, organo dell'Unesco, sul progetto di
Giancarlo De Carlo per le ex stalle ducali. I consiglieri del Polo Elisabetta Foschi e
Gabriele Fattori intervengono sulla questione con una nota: "Non potranno dire che
nessuno li aveva avvertiti. Noi l'abbiamo detto, gliel 'abbiamo ripetuto. A niente è
servito che la nostra fosse unita alle voci di tanti altri e a tutte quelle dei più
grandi. E' stato ignorato il fatto che il dissenso del Polo esprimesse in modo
significativamente trasversale il dissenso di gran parte dei cittadini.
L'"Osservatorio " s'ha da fare punto e basta. Vittorio Sgarbi sbaglia, Gombrich
sbaglia. Ma siccome questa volta non è come le altre volte, siccome questa volta sono in
gioco le sorti e il prestigio di un Palazzo e di una Città del mondo, qualcuno più in
alto di noi non gliel'ha perdonata. L'Unesco, l'organizzazione internazionale che
controlla che gli Stati tutelino come intangibili i monumenti eletti patrimonio
dell'umanità, è scesa in campo. E lo ha fatto attraverso il proprio organo esecutivo
L'Icomos, ufficializzando l'istruttoria aperta sul caso Data e minacciando di radiare
Urbino dal patrimonio dell'umanità. Lacrime di coccodrillo Il presidente della “Pro Urbino”, Augusto Calzini, sa della stima che ho per lui e quanto apprezzi le iniziative della associazione che presiede. Non è mia intenzione, dunque, approfittare delle sue dichiarazioni sulla Data per una facile ritorsione polemica. E’ significativo, invece, che proprio uno dei più convinti sostenitori del progetto De Carlo per le ex stalle ducali, prenda atto e denunci l’irreparabile violenza subita dal monumento simbolo del Rinascimento. Perché la Data è il palazzo ducale a cui è unita nella ideazione e nella funzione. Dice bene Calzini: “Non si può invocare la possibile coesistenza tra il vecchio e il nuovo, non le esigenze di funzionalità, perché si tratta di un qualcosa su un’opera armonica la cui unità non poteva essere rotta in modo così irriverente”. Se non che Calzini confonde l’effetto con la causa. Come può, infatti, continuare a sostenere il progetto De Carlo e gridare allo scandalo per la manomissione del bastione che chiude a sud il manufatto della Data, sventrato da sotto a sopra per realizzarvi l’uscita di sicurezza e strutture antincendio, così come previsto dal progetto? Calzini scrive di essere rimasto senza parole dopo aver visto la rampa elicoidale, costruita nelle viscere del bastione, riapparire in superficie bordata da un’ampia struttura circolare in cemento. Sono anch’io senza parole di fronte ad una contraddizione così clamorosa. Il presidente della “Pro Urbino” è troppo intelligente e smaliziato per non esserne consapevole. Quindi o si tratta di una svista, che avrebbe dell’incredibile, o di una presa di distanza innescata dalla realtà dei guasti prodotti. E’ forse un mettere le mani avanti quando sarà sotto gli occhi di tutti lo scempio, ben più devastante, risultato della copertura delle ex stalle? Comunque sia, la denuncia di Calzini, per l’autorevolezza e le dure parole che la stigmatizzano, deve far riflettere gli amministratori sull’approccio e la metodologia applicati al progetto di restauro e riuso della Data. Forse il sottosegretario Sgarbi annuncerà un’altra visita ad Urbino. Nel caso, gli consiglierei di rimanere a casa o di affacciarsi al salotto di Limiti. Certamente direbbe che è uno schifo, ma intanto, anche con la sua benedizione, il progetto sarà ultimato. Al sindaco, fresco reduce dalle terre di Francia, dove ha presenziato all’inaugurazione della mostra su Nini ed ha discusso, a livelli importanti, della costituzione a Urbino di un centro europeo delle città rinascimentali, dico solo che la Data, mentre annunciava un tempo la magnificenza di palazzo ducale e la grandezza del suo duca, a lavori ultimati annuncerà lo sfregio definitivo di uno dei monumenti più insigni della civiltà rinascimentale. Un bel biglietto da visita per la nostra città. Prof. Torrico Non penso a te come ad un don Chisciotte. Mi piace guardarti come una persona per bene. E ti salvo sempre nei molti diversi finali. Piuttosto ce l'ho con tutti quei brutti Urbinati...Dove siete adesso? dove andrete domani ad esplodere la vostra inutile vita? I proiettili della vostra indifferenza? Ermanno mi sembra che mentre loro si rimpinzano, noi si resti a dieta. Io e te... grandi mangiatori, così inadeguati,affamati, ma pieni di briciole, nonostante tutto, sul petto. Tu dici che io non mi sporco le mani nell'intrisa peciosa della politica Urbinate. Il fatto, Ermanno, è che tu vivi la quotidianità disagevole di Urbino. Io, marginale, le occasioni di qualche saltuario ritorno. Il tradimento della memoria, non avendo altro. Per questo scrivo cose vaghe, perlopiù inutili, velate di nostalgia. Ed è proprio da questi momenti che inizia la mia rivolta, limpida. L'idea di cacciare questi amministratori, questo Sindaco,che violentano la città, con i loro inquietanti gesti, le illuminazioni slabbrate, i virtuosismi, i travestimenti, diventa un obiettivo primario. Ed Ermanno, ti prometto, che non avranno scampo. Non per noi, ma per il bene di Urbino. |
Scritti di Bruno Malerba
Tutto comincia da un impercettibile desiderio di spostarsi e di ricollocarsi nel luogo dove si è nati e vissuti. Poi, una voluttà di perdersi nel labirinto dei vicoli, nei cortili, negli androni, salire a volte su per le scale... Frugare Urbino è come frugare me stesso. Ma appena iniziata la salita di Trasanni, subito mi afferra un impulso opposto al desiderio di tornare che è quello del non esserci, la voglia di svincolarmi,scomparire, fuggire. Urbino è desolante. Persa nell'intrigo della memoria. Tutto si sovrappone, tutto mi imbroglia. Non c'è vita. Bisogna pensarla dentro le case del Tufo, di Mazzaferro, della Piantata. Oppure, abitarla col pensiero, ricostruendo volti, botteghe, davanzali con fiori e pentolini. E' come vivere una città dentro la città, un tempo dentro il tempo. Anche i miei passi imperfetti mi ingannano, battuti su un impiantito divelto, dal 1945, privo di risonanze. La città si anima solo verso la piazza, di un disordine pervicace, fastidioso, di cui ci si sente vittime e se ne subisce con pazienza il capriccio e l'invadenza. Nessuna regola vige. Questo sindaco è inutile, inutile la sua giunta. Bisognerebbe cacciarli. Impedire loro di ultimare il progetto di smontare pezzo per pezzo la città. La sera, prima di andare via, in macchina, adagio, faccio il giro delle mura, esternamente. Come quando esco di casa e passo le stanze per serrare le finestre, spegnere le luci. Dalla collina delle Vigne, poi, la piccola città bruna che dorme, ha tutta l'aria di un presepe dimesso, dopo le feste, finita la magia, prima di essere impacchettato. Tornerò molti altri giorni, tutta la vita, rassegnato, a respingere assalti di furore nell'attesa della quiete nella non speranza? * * *
"Sindaco perché non lascia? I suoi torpori, le sue astinenze, i balbettamenti, l'irrequietezza, spandono intorno un 'ansia che ormai pervade anche i suoi bulgari elettori. Qualcuno apprezzerebbe il gesto. Io tra quelli. Mi creda: non faremo recriminazioni. Nè pretenderemo rendiconto. Raccoglieremo noi i brandelli sfilacciati della quantità ingombrante di promesse inevase, di emendamenti inevasi, cifre, operazioni cancellate e rifatte, scritte con grafia illeggibile. Contro i pregiudizi, ricuciremo noi le distanze tra cittadini ricollocandoci in un ruolo sociale ben definito che sia dato a noi poter scegliere. Finalmente potremo riconoscerci. Non sentiremo più parole come "faremo" o "non c'è problema ". Pazientemente non più annullati o capovolti, con un lavoro di meticoloso restauro ridisegneremo la città. Non dovremo più girare al largo, sempre più al largo, marginalizzati, per vincere la paura di non poter più riconoscere i luoghi di questa piccola, fragile città violentata. Puliremo noi la piazza Ducale di quella latta azzurra, bianca di Punto, Tempra, di assessori, impiegati, bottegai per restituirla intonsa come di cosa anticamente posseduta e goduta. Sono nato lì davanti, in via Veterani, al numero 15. Quel vicolo, stretto e lungo, allora canna di fucile che mi sparava con la fetta di pane e companatico in bocca e la riga nei capelli da una parte, verso la piazza dei giochi, delle conte, delle cacce, ora si spegne nella mia mente. Non è nostalgia ma il rimando di una certezza sciagurata e delittuosa di dover consegnare a quel mondo universale dell'Unesco un patrimonio svuotato, un'icona, una fotografìa sgranata, color seppia come quelle sulle lapidi. Consegneremo una reliquia di quella che un tempo fu la "Città ideale" e che ora nella monotonia dei suoi vuoti percorsi che si ripetono da un anno all'altro, inutilmente, rassomiglia sempre più a una nuova Pompei". * * *
A "voglie d'autunno", mostra mercato dei prodotti tipici del Montefeltro di Urbino, ho comprato un cartoccio di orecchiette pugliesi ed un barattolo di acciughe marinate... Li tengo ancora. Dopo, nella notte, ho incrociato in piazza la ciurma cespugliosa e scomposta degli studenti. Tanti, tutti uguali, in nero. Nel gioco, quasi sinistro delle ombre, la piazza si gonfiava e sgonfiava a dismisura. Mentre una musica a tutto volume, battuta, sorda, concedeva spazio solo alla fuga. Era difficile capire la provenienza dei suoni, distinguere le parole, i singoli volti. Capire i nuovi equilibri derivanti da quello scompiglio. L'aria, a tratti minacciosa, era quella fuori dallo stadio nell'attesa di una partita che non si celebra mai. Prima, nel pomeriggio, dopo aver accarezzato quel lungo confidente foulard di colline fuori le mura, avevo osservato la città, la sua gente. Qualche ammiccamento, strane tessiture, sguardi saponosi, trasparenze di ineluttabilità. Nella piazzetta delle erbe ho contato parcheggiati diciotto motorini e undici automobili. Altre quattro davanti a S. Francesco, sei sull'altro lato. Altre ancora su per il Duomo e poi per S. Lucia e per Valbona e per il Monte e per Lavagine, dappertutto, centinaia. Qualche metro ancora poi l'inguardabile "suk" di Borgo Mercatale. Quante ne dovremo ancora contare per denunciare il comandante dei vigili ed il suo assessore per omissione d'atti di ufficio. Anarchia, imprevidenza, sporcizia. Urbino si sta meridionalizzando. Tende sempre più alla costa jonica dell'Italia. Questo sindaco, questa giunta, cattive copie e malsani prolungamenti dell'amministrare, sono i peggiori dal dopoguerra. Cresciuti e svezzati nelle sacrestie dei partiti gestirebbero malamente una bocciofila. Perderebbero subito il pallino. L'opposizione che non si oppone, come un cane da caccia zoppo, è inservibile. Il Palazzo Ducale è mestamente ridotto a museo di se stesso. Gestito senz'anima da una soprintendenza che non ama Urbino, agonizza tra stantie iniziative. Sarebbe meglio chiuderlo, serrarlo. Se non produce eventi, bellezza ma solo autoconservazione, tapparlo, sigillarlo sarebbe il miglior modo di conservarlo. L'università, che si autocelebra col nuovo pro-rettore, tutta protesa nella realizzazione della "città ufficio", è attenta solo al recupero ambientale dei palazzi, cancellandone le identità. Non parla col sindaco. Il sindaco non parla con l'università nè con la curia nè con la soprintendenza. Ognuno per proprio conto. Separati, con intenzioni diverse. E come in una grande periferia jonica, gli studenti, gli alunni diventano maestri. Dettano le scansioni, i tempi, i comportamenti, i linguaggi. L'amministrazione intanto, continua il suo viaggio verso il mutismo seguendo le imperscrutabili strade del silenzio. Tutto è inquietante. Imperdonabile. P.S. Il ministro Maccanico accenna ad una possibile legge per un terzo incarico ai sindaci. Sinistro presagio! * * *
D'accordo. Non spariamo sulla Croce Rossa... Ma se questa domani, ululando, continuasse a trasportare calcinacci, scorie, cascami residuali di una politica bassa, senza punteggiatura, dovremo pure fermarla! Spaccarle il motore. Fondamentalismo.. .o forte tentazione al disimpegno? Evitiamo queste intrusioni e cerchiamo invece di abituarci all'idea di squarciare finalmente il velo che copre la nostra ipocrisia. Guardiamo i commercianti, per esempio. Non vendono. Allora chiedono altro traffico, altro ancora. Stanno tutti sullo stesso cornicione, in fila indiana. Aggrappati ed intirizziti, non si muovono. Non sanno perché stanno lì, non guardano sotto perché hanno paura. Paura di investire nell'impresa-negozio, adeguandone il servizio, la qualità, l'offerta, il prezzo. Si incupiscono sulla rendita di posizione. Come il soprintendente, che dopo aver contato i suoi biglietti occasionali e balneari, ha paura di organizzare l'impresa-Palazzo. Come il sindaco, che ha paura di tutto. Persino del suo ufficio tecnico, arrogante, protervo, tutto da una parte. Come l'opposizione, che agisce di rimessa, col lapis rosso e blu ed ha paura di organizzare un suo progetto alternativo. Suoni di latta. Imperterrito, lui sì senza paura, l'architetto "Altro Acciaio". Progetta, dirige, esegue sentendosi vicino al sogno finale: radere al suolo il Palazzo per riedificarlo a sua misura in profilati di cromo molibdeno firmati. Ovviamente da lui! Poi... giungono echi e sussurri di un nuovo, prodigioso Rinascimento. Noi, che veniamo molto dopo i benpensanti, gli omologati, gli schierati, i fondamentalisti e gli sciocchi, facciamo fatica a crederci. Anzi, ci stancano i proclami, le demagogie cangianti, le meschine verità senza storia. Piuttosto, quando riusciremo ad appassionarci? A rimuovere una volta per tutte quella cultura centrifuga del clientelismo, dell 'abusivismo, dell 'egoismo, del bidellismo che spezza sul nascere ogni forma di socialità. Appoggiato ad una colonna, cerco di prevedere il tempo che ancora dovrà passare...
* * * 13 Ottobre 2001 Appoggiato ad un muro, sfarinandone l'intonaco, delicatamente, per non sporcare troppo,cerco di frugarmi addosso per capire quanto di me sia cambiato dopo l'11 settembre.Nulla. "..saremo diversi...! ..non saremo più come prima...!!!" Mi ritrovo drammaticamente, banalmente uguale. Tutt'intorno, la gente, Urbino, i suoi tiepidi amministratori mi sembrano banalmente uguali. Tristemente uguali. Prevalgono le ansie, i timori, i terrori artatamente diffusi. La dimensione teatrale in cui si muovono, loro, gli amministratori, avvantaggia il loro travestimento nel pretendere da noi una simulazione completa. Quasi una febbrile volontà di essere risarciti.Di sottrarsi agli adempimenti.Lo specchio concavo in cui cercano di riprodursi li riflette invece minuti,balbettanti, incapaci, impediti e spogli di ogni desiderio programmatico e progettuale. * * * Se fossi restato.... se invece di andarmene mi fossi anch'io immprigionato alla città. All'inutile tessitura caracollante di mura che la chiudono riducendola ad uno spazio minimo. Poco più che una piazza. Poco più che la distanza tra due bar. In quello spazio minimo, obliquo, ribadito da una obliqua spaesata fontana che piscia acqua tutta da una parte, simmetricamente, giorno per giorno, avrei anch'io costruito abitudini traendone profitto. Al tavolo di un bar, col bavero alzato, avrei facilmente smontato le stranezze lontane dal mio linguaggio. Subito intercettato gli abbinamenti, i tralignamenti, i ruoli distinti, i sensi rovesciati,i silenzi differenziati. Con voce da confessionale, avrei frugato anch'io le spietate leggiadre figure delle giovani coi libri, a volte con le borse della spesa colme.... bluse strette... calzoni stretti. Con la giacca mezza sguainata, avrei anch'io appeso il tempo al parafulmine più alto, per dilatarlo, ammutolito, oltre l'arco di porta Valbona fino all'antenna aguzza di monte Nerone. Abbracciato a me stesso, avrei atteso l'altro tempo. Quello civile, intelligente dell'impegno. Respingendolo ogni volta. Sgomento di scivolare in un imbuto. Andando verso i torrioni, conversando e salutando, avrei anch'io maturato la convinzione che il mondo esterno, altro ad Urbino, sia confuso ed ostile. Che gli alberi verdi del pincio, che si aprono ad un finto viale, non siano una massa cespugliosa e confusa. Se fossi restato.... l'erba murella... l'odore dei portoni.. i bambini rasati a zero come acini d'uva puliti. Se fossi restato... Oggi non mi chiederei che ne è dell'altra città. Di chi la abita. Che mestiere fa. Come vive. Dove si incontra. Non mi sforzerei di allineare immagini per formare una cornice ordinata e sicura. Condannato, avrei atteso Urbino sparirmi davanti. Le mani in saccoccia, a testa bassa, contando le righe dei mattoni,attraversando tutto il disordine compiuto dello spazio minimo, avrei apprezzato gli atti contrari, le sequenze di vuoti, gli intervalli di inutili tracce, dentro la elaborata disfatta di questo dannoso Sindaco, incapace e paesano. * * * "La Data" - 3 Novembre 2001 Quel "torricino" mi preoccupa. Ammutolito, l'ho guardato ieri, giorno dei morti. Dietro la schermatura di legno ho ficcato il naso. Dalla voragine impietosa, come una ferita, come una bomba su un asilo di Kabul, mansueto cresce un terzo torricino. Diceva il Sindaco che la Data sarebbe stato "un osservatorio sulla città", definizione tanto improbabile quanto vaga e demagogica. Ora capisco. Una terza torre, un osservatorio, elicoidale, di cemento e ferro, per osservarci?...e quanto crescerà ancora? quanto svetterà, elicoidale, sulla debole, straordinaria, tenera struttura, di calce e mattoni? e perchè non collegarla allora, ad un otto volante, sulla piazza del mercatale, vicino ad un Ipercoop, a un Mac Donald, a un lavaggio d'auto, ad un distributore di cassette porno, con insegne fluorescenti, cangianti e poi gelati, pop corn, patatine, palloncini, acquascivoli, attrezzi per palestre, slot-machines, spazi per il Bingo, fontane, fontanelle, zampilli. Mirabilandia insomma. Avrei voluto scendere nella voragine. Zavorrarmi le tasche di qualche mattone e sabbia. Come un condannato, prima che lo strazio delle sirene sull'asilo di Kabul, riprendesse la strategia dell'annullamento. Mi sgomenta Urbino vederti ogni giorno di più sparirmi davanti. Questo Sindaco, questo sig. De Carlo un giorno, presto spero, ci dovranno rendere conto. Dovranno misurare la loro volgarità. Ma anche gli Urbinati conniventi ed omertosi. Quelli che credono alla ineluttabilità degli eventi, al modernismo. Quelli che con ogni mezzo hanno spezzato, continuamente, la trama dell'impegno civile, solidale, rispettoso. Quelli che non si sono mai ribellati ed ingobbiti hanno ammiccato al lento ed inesorabile, opaco, succedersi delle distruzioni. Magari astenendosi, come l'opposizione. Lei Sindaco, ha un modo di sentire la città che mi rimanda ad immaginare il suo bagno, nella sua casa, a Trazanni. Smalti sbeccati, rivestimenti di seconda terza scelta, policromi, stridenti, pavimenti crepati, con fughe annerite, plastica ovunque, stuoini di moquette sintetica, arancioni, gialli, sfilacciati. Tracce di umidità ovunque, verdi e azzurre. Urbino, Sindaco, è malata dei vostri germi, dei vostri gesti, della vostra pedissequa, dannosa, sconnessa ragione. Il vostro qualunquismo è vergognoso.Confesso che non trovo, sul momento, parole adatte per fronteggiare questa discesa verso il basso. Mi augura solo una cosa. Che la Data, veramente, si trasformi finalmente in una data... di inizio.. della vostra, inesorabile disfatta. * * * 20 Gennaio 2003 Nell'intrisa peciosa della amministrazione Urbinate, la pro Urbino ha fatto una nuova pensata. Come una bava lunga, una scia mielosa, dopo le grottesche feste estive del duca, i patetici mercatini, le insulse sagre, i presepi, ora ha pensato al carnevale. Con la straordinaria partecipazione del gruppo speleologico urbinate. Esaltante. Vuole scimmiottare eventi lontani, con il sapore paesano, volgare e chiassoso, che gli è tipico. Creando disturbo, insofferenza, distanza. Ma qui, non è festa. Non c'è ragione. Non c'è motivo. Non si fanno feste nei cimiteri. Urbino non ha bisogno dei gadgets, degli orpelli effimeri, dei finti impacchi di bene della pro Urbino. Non ha bisogno della sua incolta cultura. Dopo anni di mala amministrazione, dove la città è stata divelta, dispersa fino oltre Fermignano, oltre Urbania, la pro Urbino dice, sorridiamo per tre giorni. Facciamo finta che non sia successo nulla. Che qui, tutto va bene. Io ho paura. Loro pensano a grandi strade di comunicazione, a grandi parcheggi, centri commerciali, nuovi collegi e mi fanno temere per la mia città. La pro Urbino dice sorridiamo. Non hanno progetti, linee di sviluppo, obiettivi. Girano intorno alle cose. Guastando, rattoppando malamente. Sfregiando. La pro Urbino dice sorridiamo. Ricordate il PUT? Dopo un anno sono stati concessi 1500 permessi di circolazione, 200 all'università, 45 al palazzo ducale....la città continua ad essere bellamente perforata. Latta bianca, azzurra, rossa dappertutto, peggio di prima. La pro Urbino dice facciamo festa. Io ho paura per Urbino. Questi amministratori senza qualità, dovrebbero andarsene. Fare altre cose se ne sono capaci. Sono ombre che trascinano per i vicoli la loro insipienza. Senza vedere nulla. Senza percepire niente. Trascinano i loro umori, i loro livori, che nulla hanno a che vedere con la città. Col suo progetto. Siccome le cose non accadono mai quando accadono, ma prima, a volte, molto prima, dobbiamo fermarli. Tra poco più di un anno ci saranno le elezioni amministrative. C'è qualcuno che può darmi una mano? |
PROGETTO "URBINO" Provenendo dallambiente urbinate, ed avendo da
sempre "stimato" loperato dellIlluminato Architetto Giancarlo De Carlo, mi
sono deciso a rendere pubblico un mio inedito progetto di "land art", che vuol essere un
omaggio al "Maestro" del nuovo Rinascimento Urbinate, suddetto Architetto. |
COME VIENE IMPIEGATO IL DENARO PUBBLICO PER FINANZIARE L'ARTE ED AIUTARE GLI ARTISTI, SPECIALMENTE I GIOVANI...
Tratto da: "Il Resto del Carlino" del 15 dicembre 2000 Quei milioni nel... Fiume PESARO L'"Accademia Raffaello" di Urbino vuole a tutti i costi un disegno del pittore scomparso Salvatore Fiume. Ma l'opera costa troppo: 22 milioni. E allora, che fare? Si gira il conto alla Provincia, che, dopo le prime titubanze, accetta. La vicenda si trascina ormai da un anno, ma a quanto pare sembra volta all'epilogo solo adesso, visto che l'Ente ha deciso l'acquisto dell'opera del pittore originario di Comiso, formatosi artisticamente ad Urbino dove ha frequentato l'Istituto per la decorazione e illustrazione del libro. La decisione della Provincia deve essere stata un po' "sofferta", visto che il 29 aprile scorso con una lettera al presidente dell'Accademia (il dimissionario avvocato Nino Baldeschi) l'Ente aveva rifiutato anche la "compartecipazione" all'acquisto e tutto sembrava finito lì. L'opera, grande settanta per cinquanta centimetri, raffigurante il volto di due urbinati i fratelli Loris ed Enzo Gualazzi era stata fatta dall'artista quando era ancora studente ad Urbino. Invece, a sorpresa, il 20 ottobre la Provincia comunica all'Accademia di averci "ripensato": è pronta all'acquisto e chiede di far fare una "valutazione economica". Questa viene presentata e qualche giorno fa un socio dell'Accademia che ha tutt'ora la presidenza vacante è tornato a sollecitare la conclusione dell'operazione. Dubbi sull'opportunità dell'acquisto possono venire a chiunque, ma il prezzo valutato, non è forse eccessivo? In un'asta pubblica, la Finarte di Roma ha posto, come prezzo base di un dipinto del periodo d'oro di Fiume, "solo" nove milioni. Partendo da questa premessa, il disegno che vorrebbe l'Accademia Raffaello, non costa un po' troppo?
Da fonti attendibili abbiamo saputo che il valore stimato per l'opera di Fiume si è di molto ridimensionato, ed è principalmente questo il motivo per cui la Provincia ci ha ripensato, e si è improvvisamente dimostrata disponibile... |