HOME

 

- PIER PAOLO PASOLINI-

«LO SCANDALO RADICALE»
da: www.radicalparty.org

english version

 


Pubblichiamo il testo dell'intervento che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto tenere al Congresso del Partito radicale del novembre 1975. Poté essere solo letto, davanti ad una platea sconvolta e muta, perché due giorni prima Pasolini moriva ucciso.

 

Lo scandalo Radicale
Pier Paolo Pasolini


Prima di tutto devo giustificare la presenza della mia persona qui. Non sono qui come radicale. Non sono qui come socialista. Non sono qui come progressista. Sono qui come marxista che vota per il Partito Comunista Italiano, e spera molto nella nuova generazione di comunisti. Spera nella nuova generazione di comunisti almeno come spera nei radicali. Cioè con quel tanto di volontà e irrazionalità e magari arbitrio che permettono di spiazzare - magari con un occhio a Wittgenstein - la realtà, per ragionarci sopra liberamente. Per esempio: il Pci ufficiale dichiara di accettare ormai, e sine die, la prassi democratica. Allora io non devo aver dubbi: non è certo alla prassi democratica codificata e convenzionalizzata dall'uso di questi tre decenni che il Pci si riferisce: esso si riferisce indubbiamente alla prassi democratica intesa nella purezza originaria della sua forma, o, se vogliamo, del suo patto formale.

Alla religione laica della democrazia. Sarebbe un'autodegradazione sospettare che il Pci si riferisca alla democraticità dei democristiani; e non si può dunque intendere che il Pci si riferisca alla democraticità, per esempio, dei radicali.

Paragrafo primo

A) Le persone più adorabili sono quelle che non sanno di avere dei diritti. B) Sono adorabili anche le persone che, pur sapendo di avere dei diritti, non li pretendono o addirittura ci rinunciano. C) Sono abbastanza simpatiche anche quelle persone che lottano per i diritti degli altri (soprattutto per coloro che non sanno di averli). D) Ci sono, nella nostra società, degli sfruttati e degli sfruttatori. Ebbene, tanto peggio per gli sfruttatori. E) Ci sono degli intellettuali, gli intellettuali impegnati, che considerano dovere proprio e altrui far sapere alle persone adorabili, che non lo sanno, che hanno dei diritti; incitare le persone adorabili, che sanno di avere dei diritti ma ci rinunciano, a non rinunciare; spingere tutti a sentire lo storico impulso a lottare per i diritti degli altri; e considerare, infine, incontrovertibile e fuori da ogni discussione il fatto che, tra gli sfruttati e gli sfruttatori, gli infelici sono gli sfruttati.

Tra questi intellettuali che da più di un secolo si sono assunti un simile ruolo, negli ultimi anni si sono chiaramente distinti dei gruppi particolarmente accaniti a fare di tale ruolo un ruolo estremistico. Dunque mi riferisco agli estremisti, giovani, e ai loro adulatori anziani. Tali estremisti (voglio occuparmi soltanto dei migliori) si pongono come obiettivo primo e fondamentale quello di diffondere tra la gente direi, apostolicamente, la coscienza dei propri diritti. Lo fanno con determinazione, rabbia, disperazione, ottimistica pazienza o dinamitarda impazienza, secondo i casi (...)

Paragrafo secondo

Disobbedendo alla distorta volontà degli storici e dei politici di mestiere, oltre che a quella delle femministe romane - volontà che mi vorrebbe confinato in Elicona esattamente come i mafiosi a Ustica - ho partecipato una sera di questa estate a un dibattito politico in una città del Nord. Come sempre poi succede, un gruppo di giovani ha voluto continuare il dibattito anche per strada, nella serata calda e piena di canti. Tra questi giovani c'era un greco. Che era, appunto, uno di quegli estremisti marxisti "simpatici" di cui parlavo. Sul suo fondo di piena simpatia, si innestavano però manifestamente tutti i più vistosi difetti della retorica e anche della sottocultura estremistica. Era un "adolescente" un po' laido nel vestire; magari anche addirittura un po' scugnizzo: ma, nel tempo stesso, aveva una barba di vero e proprio pensatore, qualcosa tra Menippo e Aramis; ma i capelli , lunghi fino alle spalle, correggevano l'eventuale funzione gestuale e magniloquente della barba, con qualcosa di esotico e irrazionale: un'allusione alla filosofia braminica, all'ingenua alterigia dei gurumparampara. Il giovane greco viveva questa sua retorica nella più completa assenza di autocritica: non sapeva di averli, questi suoi segni così vistosi, e in questo era adorabile esattamente come coloro che non sanno di avere diritti... Tra i suoi difetti vissuti così candidamente, il più grave era certamente la vocazione a diffondere tra la gente ("un po' alla volta", diceva: per lui la vita era una cosa lunga, quasi senza fine) la coscienza dei propri diritti e la volontà di lottare per essi. Ebbene; ecco l'enormità, come l'ho capita in quello studente greco, incarnata nella sua persona inconsapevole. Attraverso il marxismo, l'apostolato dei giovani estremisti di estrazione borghese - l'apostolato in favore della coscienza dei diritti e della volontà di realizzarli - altro non è che la rabbia inconscia del borghese povero contro il borghese ricco, del borghese giovane contro il borghese vecchio, del borghese impotente contro il borghese potente, del borghese piccolo contro il borghese grande. E' un'inconscia guerra civile - mascherata da lotta di classe - dentro l'inferno della coscienza borghese. (Si ricordi bene: sto parlando di estremisti, non di comunisti). Le persone adorabili che non sanno di avere diritti, oppure le persone adorabili che lo sanno ma ci rinunciano - in questa guerra civile mascherata - rivestono una ben nota e antica funzione: quella di essere carne da macello. Con inconscia ipocrisia, essi sono utilizzati, in primo luogo, come soggetti di un transfert che libera la coscienza dal peso dell'invidia e del rancore economico; e, in secondo luogo, sono lanciati dai borghesi giovani, poveri, incerti e fanatici, come un esercito di paria "puri", in una lotta inconsapevolmente impura, appunto contro i borghesi vecchi, ricchi, certi e fascisti.

Intendiamoci: lo studente greco che qui ho preso a simbolo era a tutti gli effetti (salvo rispetto a una feroce verità) un "puro" anche lui, come i poveri. E questa "purezza" ad altro non era dovuta che al "radicalismo" che era in lui.

Paragrafo terzo

Perché è ora di dirlo: i diritti di cui qui sto parlando sono i "diritti civili" che, fuori da un contesto strettamente democratico, come poteva essere un'ideale democrazia puritana in Inghilterra o negli Stati Uniti - oppure laica in Francia - hanno assunto una colorazione classista. L'italianizzazione socialista dei "diritti civili" non poteva fatalmente (storicamente) che volgarizzarsi. Infatti: l'estremista che insegna agli altri ad avere dei diritti, che cosa insegna? Insegna che chi serve ha gli identici diritti di chi comanda. L'estremista che insegna agli altri a lottare per ottenere i propri diritti, che cosa insegna? Insegna che bisogna usufruire degli identici diritti dei padroni. L'estremista che insegna agli altri che coloro che sono sfruttati dagli sfruttatori sono infelici, che cosa insegna? Insegna che bisogna pretendere l'identica felicità degli sfruttatori. Il risultato che in tal modo eventualmente è raggiunto è dunque una identificazione: cioè nel caso migliore una democratizzazione in senso borghese. La tragedia degli estremisti consiste così nell'aver fatto regredire una lotta che essi verbalmente definiscono rivoluzionaria marxista-leninista, in una lotta civile vecchia come la borghesia: essenziale alla stessa esistenza della borghesia. La realizzazione dei propri diritti altro non fa che promuovere chi li ottiene al grado di borghese.

Paragrafo quarto

In che senso la coscienza di classe non ha niente a che fare con la coscienza dei diritti civili marxistizzati? In che senso il Pci non ha niente a che fare con gli estremisti (anche se alle volte, per via della vecchia diplomazia burocratica, li chiama a sé: tanto, per esempio, da aver già codificato il Sessantotto sulla linea della Resistenza)? E' abbastanza semplice: mentre gli estremisti lottano per i diritti civili marxistizzati pragmaticamente, in nome, come ho detto, di una identificazione finale tra sfruttato e sfruttatore, i comunisti, invece, lottano per i diritti civili in nome di una alterità. Alterità (non semplice alternativa) che per sua stessa natura esclude ogni possibile assimilazione degli sfruttati con gli sfruttatori. La lotta di classe è stata finora anche una lotta per la prevalenza di un'altra forma di vita (per citare ancora Wittgenstein potenziale antropologo), cioè di un'altra cultura. Tanto è vero che le due classi in lotta erano anche - come dire? - razzialmente diverse. E in realtà, in sostanza, ancora lo sono. In piena età dei consumi.

Paragrafo quinto

Tutti sanno che gli "sfruttatori" quando (attraverso gli "sfruttati") producono merce, producono in realtà umanità (rapporti sociali). Gli "sfruttatori" della seconda rivoluzione industriale (chiamata altrimenti consumismo: cioè grande quantità, beni superflui, funzione edonistica) producono nuova merce: sicché producono nuova umanità (nuovi rapporti sociali). Ora, durante i due secoli circa della sua storia, la prima rivoluzione industriale ha prodotto sempre rapporti sociali modificabili. La prova? La prova è data dalla sostanziale certezza della modificabilità dei rapporti sociali in coloro che lottavano in nome dell'alterità rivoluzionaria. Essi non hanno mai opposto all'economia e alla cultura del capitalismo un'alternativa, ma, appunto, un'alterità. Alterità che avrebbe dovuto modificare radicalmente i rapporti sociali esistenti: ossia, detta antropologicamente, la cultura esistente. In fondo il "rapporto sociale" che si incarnava nel rapporto tra servo della gleba e feudatario, non era poi molto diverso da quello che si incarnava nel rapporto tra operaio e padrone dell'industria: e comunque si tratta di "rapporti sociali" che si sono dimostrati ugualmente modificabili. Ma se la seconda rivoluzione industriale - attraverso le nuove immense possibilità che si è data - producesse da ora in poi dei "rapporti sociali" immodificabili? Questa è la grande e forse tragica domanda che oggi va posta. E questo è in definitiva il senso della borghesizzazione totale che si sta verificando in tutti i paesi: definitivamente nei grandi paesi capitalistici, drammaticamente in Italia. Da questo punto di vista le prospettive del capitale appaiono rosee. I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni primari. I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d'uomo: ma l'umanità stessa. Va aggiunto che il consumismo può creare dei "rapporti sociali" immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clericofascismo un nuovo tecnofascismo (che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi antifascismo), sia, com'è ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili. In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all'utopia o al ricordo: riducendo quindi la funzione dei partiti marxisti ad una funzione socialdemocratica, sia pure, dal punto di vista storico, completamente nuova.

Paragrafo sesto

Caro Pannella, caro Spadaccia, cari amici radicali, pazienti con tutti come santi, e quindi anche con me: l'alterità non è solo nella coscienza di classe e nella lotta rivoluzionaria marxista. L'alterità esiste anche di per sé nell'entropia capitalistica. Quivi essa gode (o per meglio dire, patisce, e spesso orribilmente patisce) la sua concretezza, la sua fattualità. Ciò che è, e l'altro che è in esso, sono due dati culturali. Tra tali due dati esiste un rapporto di prevaricazione, spesso, appunto, orribile. Trasformare il loro rapporto in un rapporto dialettico è appunto la funzione, fino a oggi, del marxismo: rapporto dialettico tra la cultura della classe dominante e la cultura della classe dominata. Tale rapporto dialettico non sarebbe dunque più possibile là dove la cultura della classe dominata fosse scomparsa, eliminata, abrogata, come dite voi. Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura. E' ciò che avete fatto voi in tutti questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è tutto dire - di fascisti.

Paragrafo settimo

I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. Ora, dire alterità è enunciare un concetto quasi illimitato. Nella vostra mitezza e nella vostra intransigenza, voi non avete fatto distinzioni. Vi siete compromessi fino in fondo per ogni alterità possibile. Ma una osservazione va fatta. C'è un'alterità che riguarda la maggioranza e un'alterità che riguarda le minoranze. Il problema che riguarda la distruzione della cultura della classe dominata, come eliminazione di una alterità dialettica e dunque minacciosa, è un problema che riguarda la maggioranza. Il problema del divorzio è un problema che riguarda la maggioranza. Il problema dell'aborto è un problema che riguarda la maggioranza. Infatti gli operai e i contadini, i mariti e le mogli, i padri e le madri costituiscono la maggioranza. A proposito della difesa generica dell'alterità, a proposito del divorzio, a proposito dell'aborto, avete ottenuto dei grandi successi. Ciò - e voi lo sapete benissimo - costituisce un grande pericolo. Per voi - e voi sapete benissimo come reagire - ma anche per tutto il paese che invece, specialmente ai livelli culturali che dovrebbero essere più alti, reagisce regolarmente male. Cosa voglio dire con questo? Attraverso l'adozione marxistizzata dei diritti civili da parte degli estremisti - di cui ho parlato nei primi paragrafi di questo mio intervento - i diritti civili sono entrati a far parte non solo della coscienza, ma anche della dinamica di tutta la classe dirigente italiana di fede progressista. Non parlo dei vostri simpatizzanti... Non parlo di coloro che avete raggiunto nei luoghi più lontani e diversi: fatto di cui siete giustamente orgogliosi. Parlo degli intellettuali socialisti, degli intellettuali comunisti, degli intellettuali cattolici di sinistra, degli intellettuali generici (...)

Paragrafo ottavo

So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile. Se no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto - in un momento di giusta euforia delle sinistre - quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova "trahison des clercs": una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova qualità di vita. Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione "creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili". Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera. Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili.

Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.

 

We are publishing the text of the talk Pierpaolo Pasolini should have given at the Radical Congress in November 1975. It could only be read to a shocked and silent audience, because two days earlier, Pasolini was killed.

 

The radical scandal
by Pierpaolo Pasolini


First of all, I must justify my presence here. I am not here as a radical. I am not here as a socialist. I am not here as a progressist. I am here as a marxist who votes for the PCI (Italian Communist Party) and who believes a lot in the new generation of Communists. I have great faith in the new generation of Communists at least as much as in the Radicals. I have just about enough goodwill and irrationality and maybe judgement to hold reality at an arm's length, perhaps with an eye to Wittgenstein, in order to reason about it freely. For example the official PCI declares it now accepts "sine die", the democratic process. So I must not have any doubts: it is surely not the democratic process codified and conventionalised by the events of these last thirty years that the PCI is referring to: it refers undoubtedly to the democratic process understood in the purity of its original form, or of its formal pact.

It must be referring to the lay religion of democracy. I would be degrading myself if I were to suspect that the PCI refers to the democracy of the Christian Democrats; and it cannot be inferred either therefore, that the PCI espouses the Radical concept of democracy, for example.

Paragraph One

A) The most adorable people are those who do not know that they have rights. B) People who, knowing that they have rights, do not claim them or renounce them are quite adorable too. C) There are also rather nice people who fight for other people's rights specially for those who do not know they have them. D) There are, in our society, the exploited and the exploiters.

Well then, too bad for the exploiters. E) There are intellectuals, committed intellectuals, who consider it their duty and the duty of others, to inform the adorable people, who do not know it, that they have some rights; to incite the adorable people, who know that they have rights but relinquish them, not to do so and then to feel the historical impulse to fight for the civil rights of others: and to consider, finally, irrefutably and without discussion, the fact that, among the exploited and the exploiters, the unhappy ones are the exploited.

Among these intellectuals who for more than a century have assumed such a role, in the last few years some groups have tried particularly hard to make such a role an extremist role. I am referring hence to extremists, the young ones and their aged admirers. Such extremists (I only want to refer to the best) have as their first and most important objective that of spreading among people, I would say apostolically, the awareness of their own rights. They do it with determination, rage, despair, optimistic, patience, or explosive impatience, depending on the cases...

Paragraph Two

Flaunting the distorted will of professional historians and politicians as well as that of Roman feminists who would like to see me confined to Elicona, exactly like the Mafiosi to Ustica, one evening this summer, I took part in a political debate in a northern town. As usually happens, a group of young people had wanted to pursue the debate even in the street, in the warm cheerful evening. Among those young people there was a Greek, who was precisely one of those friendly marxist extremists of the kind I have mentioned. His friendliness, however, was adorned with all the flashiest defects of rhetoric and of the extremist subculture. He was an "adolescent", rather scruffy in his way of dressing: perhaps even a bit of a Neapolitan urchin; at the same time, however, he had the beard of a true and real thinker, something between Minippo and Aramis: but his shoulder-length hair corrected the posturing and grandiloquent function of the beard with an exotic and irrational touch: an allusion to Brahmin philosophy, to the naive haughtiness of the gurumparampara. This young Greek, lived his rhetoric in the most complete absence of self-criticism; he did not know that he had these flashy sides, and for this he was adorable, exactly like those who do not know they have rights....Among his defects so nicely experienced, the worst was certainly his vocation to spread among the people "a little at a time" he said, for life was a long thing for him, almost endless "the awareness of one's own rights and the will to fight for them". Well there is the enormous fallacy, as I understand it, in that Greek student, incarnate in his own naive person. Through marxism, the apostolate in favour of the awareness of rights and the will to achieve them, is nothing less than the unconscious rage of the poor bourgeois against the rich bourgeois, of the young bourgeois against the old bourgeois, of the powerless bourgeois against the one who is powerful. It is an unconscious civil war disguised as a class struggle within the hell of the bourgeois conscience. (If you remember well, I am talking about extremists, not about Communists). The adorable people who do not know that they have rights, even the adorable people who know that they have rights but renounce them in this disguised civil war have a well-known and ancient role: to be cannon fodder. With irresponsible hypocrisy, they are used, in the first place, as subjects of a transfer that frees the conscience of the weight of jealousy and economic grudge and in the second place, they are sent as an army of innocent pariahs, by the young uncertain and fanatic bourgeois into a mindlessly impure struggle, precisely against the rich, secure and fascist old bourgeois. Mind you, (let me make it clear) the Greek student that I have taken as a symbol was, to all purposes (except with regard to me, a ferocious truth), an innocent also, just as the poor are. And this "innocence" was due to nothing other than the "radicalism" that was in him.

Paragraph Three

It is now time to say it: the rights that I am talking about are "civil rights" that, out of a strictly democratic context, as in the ideal puritan democracy in England or in the United States even in lay France have acquired a classist connotation: the socialist italianization of civil rights was bound fatally (historically) to popularise itself. In fact what is the extremist that teaches others that they have rights, teaching? He is teaching that the one who serves has the same "identical" rights as the one who commands. The extremist who teaches others to fight in order to obtain their own rights, what is he teaching? He is teaching that one needs to enjoy the same "identical" rights as those of the masters. The extremist who teaches others that those who are exploited are unhappy, what is he teaching? He is teaching that one needs to ask for the "identical" rights the exploiters enjoy. The result that is reached in this way is therefore an "identification", a democratisation, in the bourgeois sense. The tragedy of the extremists thus consists in having achieved a regression in the struggle that they verbally define "marxist-leninist revolutionary", into a civil struggle old as the bourgeoisie itself: on which the bourgeoisie depends for its existence. The achievement of one's rights does no more than promote those who achieve them to the rank of bourgeois.

Paragraph Four

In what way does class consciousness distinguish itself from marxist type civil rights consciousness? In what way does the PCI distinguish itself from extremists (even if, for the sake of old bureaucratic diplomacy it sometimes lays a claim to them: as it has done for example, by already classifying the 1968 "Sessantotto" movement on a par with the Resistance)? The answer is quite simple: while extremists fight for marxist type civil rights consciousness pragmatically, in the name of, as I have said, a final identification of the exploited with the exploiter, Communists, on the contrary, fight for civil rights in the name of "alterit…", otherness.

This otherness (which does not simply mean alternative) by its very nature precludes the possibility of an assimilation of the exploited by the exploiters. The class struggle has been, until now, also a struggle for the prevalence of another way of life (to quote Wittgenstein again as a potential anthropologist), that is for another culture. Indeed the two classes at war were even, how should we say, racially different. And, in fact, they still are to a great extent, in our age of consumerism.

Paragraph Five

Everybody knows that when the "exploiters" (through the "exploited") produce goods, they are in fact producing humanity (social patterns). The "exploiters" of the second industrial revolution (otherwise known as the consumer society: characterised by quantity, superfluous goods and hedonism) are producing new goods: they are thus producing a new humanity. Now, throughout its two hundred year history, the first industrial revolution consistently produced alterable social patterns. What proof have we of this? The proof is in the completely certain alterability of the social relationships of those who fought for revolutionary otherness. They never confronted the capitalist economy and culture with an alternative, but precisely with otherness. This otherness should have completely modified the existing social relationships, or in anthropological terms, the existing culture. The "social pattern" between the serf and the feudal lord is really not very different from the relationship between the factory worker and the industrialist. These, in any case, are "social relationships" which have revealed themselves to be alterable. But what if the second industrial revolution were from now on to produce, through the immense new possibilities it has acquired, unalterable social patterns? That is the great and perhaps tragic question which now poses itself. And this is in fact the key to the total embourgeoisement which is taking place in all countries: it is very clear in all capitalist countries and it is dramatically so in Italy. From this point of view capitalism would appear to have a rosy future. The needs created by the original capitalism in fact closely resembled primary needs. New capitalism on the other hand is giving rise to perfectly useless and totally artificial needs. This is why, through these needs, new capitalism is not only historically modifying certain types of men: it is changing humanity itself. I should add that consumerism can create unalterable "social patterns" either by substituting, in the worst hypothesis, the old clerical fascism by technological fascism (this could only happen if the latter could pass as antifascism), or, as is more likely, by creating through its hedonistic ideology a context of false tolerance and false lay values: in other words of the false achievement of civil rights. In both cases the scope of true revolutionary "otherness" would be reduced to mere Utopia and a thing of the past; limiting the role of marxist parties to a purely social democratic function which would, from an historical point of view, be something completely new.

Paragraph Six

Dear Pannella, dear Spadaccia, dear Radical friends, with your saintly patience you put up with everybody, and even with me: otherness is not only a feature of class consciousness or of marxist revolutionary struggles. Otherness exists in its own right as part of the capitalist entropy. And that is why it enjoys (or rather suffers, and suffers horribly) a concrete, a factual entity. What it is and the other it contains, are two cultural facts. The two are often locked in a relationship of prevarication which indeed is often horrible. Until now the function of marxism has been to mould this pattern into a dialectical relationship: a dialectical relationship between the dominating and the dominated classes. Such a dialectical relationship would no longer be possible in a context where the culture of the oppressed had disappeared, been eliminated or abrogated, as you would say. It is therefore necessary to fight for the conservation of cultures be they alternative or subcultures. This is what you have been doing now for many years, especially recently. You have managed to find alternative and subcultures everywhere; in the city centres, in their furthest and most remote, dead and dangerous corners. You did not act out of human respect, false dignity or yield to any pressures. You were not afraid of pharisees or publicans, and not even of fascists and that says everything.

Paragraph Seven

Civil rights are substantially the rights of other people. To speak of otherness is thus to approach an unlimited concept. In your kindness and in your intransigence you made no distinctions. You committed yourselves uncompromisingly to every possible type of otherness. But a remark should be made at this stage. There is a type of otherness which is a characteristic of the majority and there is another which belongs to minorities. The problem of the destruction of the culture of the oppressed which is seen as the elimination of a dialectical otherness and therefore a threat, is a majority problem. Divorce is a majority problem. Abortion is a majority problem. Indeed the majority is made up of workers and farmers, husbands and wives, fathers and mothers. On the general issue of otherness, on divorce and on abortion you achieved great success. That in itself, and you know this very well, is a great peril. It is perilous for you, but you know well how to react to such danger and it is perilous for the whole country, which particularly at what should be the higher levels of culture, tends generally to react badly. What do I mean by this? Through a marxist type adoption of civil rights by extremists as described in the first paragraphs of this presentation civil rights have found their way not only in the conscience, but also in the dynamics of the progressive Italian ruling class. I am not referring to your sympathisers, I am not referring to the many you have been able to reach out to in diverse and distant places, of which you may be justly proud. I am referring to Socialist, Communist and left wing Catholic intellectuals; to intellectuals in general (...)

Paragraph Eight

I know that I making grave statements. However that was inevitable. What else would I have come here for? I am outlining at a time of justifiable left wing euphoria what seems to me will be the greatest and worst danger for us intellectuals in the years to come. It will be a new "trahison des clercs"; a new acceptance; a new joining of forces; a new giving in to the "fait accompli"; a new regime under the guise of a new way of life and quality of life. I repeat what I said at the end of paragraph five: consumerism can make the new social patterns which are the expression of new production methods unalterable "by creating, through its hedonistic ideology a context of false tolerance and false lay values; in other words of false achievement of civil rights." Now the mass of intellectuals which has gravitated towards you, due to a pragmatic "marxistisation" of extremists, in the struggle for civil rights, giving it their progressive and left wing conformist blessing, have actually played into the hand of existing power structures: the more a progressive intellectual fanatically demonstrates his belief in civil rights, the more he in fact accepts the social democratic function given to him by state authority, thus abrogating, through the application of false and totalitarian civil rights, any semblance of otherness. Such a power system, therefore endeavours to recruit progressive intellectuals in its own clerical ranks. And the latter have already invisibly joined the invisible power structure by accepting an invisible party card. All you must do against this trend, I believe, is simply to continue being yourselves: that means to go on being unrecognisable.

Forget your great successes immediately; and carry on unperturbed, obstinately and eternally contrary, demanding and wanting to be seen to be different by scandalizing, by profaning.