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Cristo s'è fermato alle soglie d'Europa.
Chiese in vendita, preti in estinzione, messe dimezzate.
Il continente perde la sua fede storica.
Intanto l'etica esce dalla sfera religiosa.

 

(...) Certo, se il cattolicesimo fosse capace di far propria una tenuta di alta ascesi ed appunto su questa base, quasi come in una ripresa dello spirito del migliore Medioevo crociato, far della fede l'anima di un blocco armato di forze, quasi di un nuovo Ordine templare compatto ed inesorabile contro le correnti del caos, del cedimento, della sovversione e del materialismo pratico del mondo moderno — certo, in tal caso, ed anche nel caso che come minimo esso si fosse tenuto fermo alla posizione del Sillabo, per la nostra scelta non potrebbe esservi un solo istante di dubbio. Ma così come stanno le cose, dato cioè il livello mediocre e, in fondo, borghese e parrocchiano, a cui oggi è sceso praticamente tutto ciò che è religione confessionale e dati il cedimento modernista e la crescente apertura a sinistra della Chiesa post-conciliare dell'"aggiornamento", per i nostri uomini potrà bastare il puro riferimento allo spirito, appunto come l'evidenza di una realtà trascendente, da invocare per innestare alla nostra forza un'altra forza, per attirare una invisibile consacrazione su di un nuovo mondo di uomini e di capi di uomini.(...)

Da: Julius Evola , ORIENTAMENTI - Ed Settimo Sigillo

 

 

E diversi studiosi lamentano "Siamo alla deriva"

di MARCO POLITI da Repubblica


Roma.

In qualche città dell'Europa del Nord è già successo. Chiese cristiane vendute ai musulmani per farci una moschea.
Chiese vuote, diventate un peso inutile, troppo costose da mantenere. Templi, che anche se restano in funzione, si riempiono soltanto al 7, al 10, al 20 per cento.
Monumenti di un'epoca in cui il Cristianesimo dettava le sue leggi alla comunità, perché era la comunità.
Finito. Archiviato.
Il Cristianesimo comincia a ritirarsi dalla società europea come una bassa marea.
Giovanni Paolo II teme che la religione venga limitata solo all'ambito del culto. Vescovi e preti sono riveriti e spesso finanziati, ma incidono sempre meno sul vissuto delle generazioni. I preti diminuiscono, le parrocchie restano sguarnite.
Da tempo la gerarchia opera come i generali che accorciano il fronte.
Usa trucchi per controllare il territorio, quando le forze non bastano più.
Parroci che sono titolari di due o tre parrocchie. Gruppi di preti incaricati di badare insieme a numerose parrocchie, che girano stressati da una chiesa all'altra simili a commessi viaggiatori del sacro.
Sempre più spesso i laici sono chiamati a guidare le celebrazioni domenicali: messe dimezzate, senza la consacrazione dell'eucarestia. A volte i parrocchiani improvvisano come a Natale in un paesino della Lunigiana, dove i fedeli senza prete hanno inventato una messa virtuale, mettendo accanto all'altare un registratore per ascoltare canti, musiche e preghiere.
L'Europa, centro e colonna del Cristianesimo, si sta svuotando della sua fede storica.
Perché Cristianesimo non significa semplicemente dirsi cristiani o celebrare riti per costume o abitudine.
Seguace di Cristo è chi crede in alcune cose molto precise su Dio, Gesù, l'Aldilà, la Resurrezione, l'Eternità.
Proprio questo vacilla. Il secolo si chiude con una cultura abbondantemente de-cristianizzata.
Il millennio si apre con masse di giovani che non sanno, che non imparano, che non trovano adulti capaci di trasmettere credo e memoria.
Da un capo all'altro dell'Europa si sentono segnali di allarme.
Il professor Per Beskov, studioso dei Padri della Chiesa all'università svedese di Lund, riferisce che parrocchie e organizzazioni cattoliche sono diventate insufficienti a conservare l'identità cristiana: "I giovani sono abbarbicati all'individualismo, non entrano più in movimenti politici, non socializzano, vivono nel mondo di Internet dove ognuno sta per conto suo e i messaggi si confondono e Dio è uguale a Satana". Il nuovo modello sociale, spiega il professore, è quello del rave party: "Si entra e si esce nell'anonimato".
Nodar Ladaria, un docente cattolico di Tblisi che ha tradotto in georgiano il Catechismo universale e in russo le Cinque piaghe della Chiesa di Rosmini, lamenta che il concetto di individuo si sia "mangiato tutti gli altri concetti cristiani". La corsa in chiesa di tanti giovani dell'ex Urss non va sopravvalutata: "Chi va in chiesa perché non sa dove andare vale meno di chi fa un sacrificio specifico". Luigi Tomasi, sociologo di Trento, definisce la gioventù dell'Europa orientale immersa nell'iperconcreto: "Non hanno tempo di occuparsi del passato e non comprendono il futuro". Vale anche per tanti loro coetanei dell'Europa occidentale. Per le chiese istituzionali è un fenomeno esiziale.
Le statistiche raccolte in questo decennio aumentano l'allarme. Nella Francia di qualche anno fa, il 53 per cento dei giovani fra i 18 e i 24 anni si diceva cattolico, ma poi si scopre che solo il 28 per cento crede in Gesù figlio di Dio, ancora meno - il 18 per cento – nella sua resurrezione e una frazione minima nella sua presenza reale nell'eucarestia: l'8 per cento. Se la domanda investe l'origine del mondo, il 24 per cento privilegia il big bang a fronte di un 21 che crede in Dio creatore.
Intanto l'etica esce dalla sfera religiosa. "Siamo", afferma Jacques Sutter del Centro nazionale di ricerche sociali di Parigi, "alla deriva delle religioni". Nessuno nega il Cristianesimo. Lo si accetta come "un'eredità senza testamento". In Gran Bretagna il processo di scristianizzazione è largamente diffuso tra giovani e adulti. Solo il 30 per cento crede ad un Dio personale, il 40 ad una "qualche forma di forza vitale", il 26 nella reincarnazione, il 44 nella vita dopo la morte. Nel microcosmo di una città di provincia come Belluno negli anni Novanta il rimescolamento è altrettanto evidente. L'88 per cento dei giovani dà priorità alla famiglia, l'82 all'amicizia, il 12 solamente alla religione. Ronald Inglehart, che per vent'anni ha seguito il fenomeno a livello europeo, è convinto che moltissimo dipenda dal mutamento della visione del mondo. La nostra religione declina, perché "l'esperienza quotidiana odierna è fondamentalmente diversa dal tipo di esperienza che modellava la tradizione giudaico-cristiana". Cambiano i simboli. È più facile imbattersi in un computer che in una pecora.
Il cardinale Poupard, ministro della Cultura di papa Wojtyla, denuncia la paradossale apoteosi della scristianizzazione culturale, manifestatasi dopo il crollo del sistema comunista:
"Cresce l'indifferenza, la pluralità degenera in pluralismo scettico, si perde la fiducia nell'avvenire". Alla crisi del cristianesimo in Europa Giovanni Paolo II dedicherà quest'anno un Sinodo straordinario dei vescovi del continente. Poupard ha aperto la pista con un convegno in Vaticano. C'è urgenza di riscoprire le radici cristiane dell'Europa, ristabilendo - ha detto il cardinale - la superiorità dello spirito sulla materia, dell'etica sulla tecnica, della persona sulle cose.
È uno sforzo in salita. Il calo di influenza del cristianesimo si incrocia, infatti, con un revival di religiosità orientata altrove. Stanislaw Grygiel, filosofo polacco, è certo che l'uomo sia sempre religioso, ma può imboccare vie sbagliate: "Cristo è la risposta alla ricerca di speranza dell'uomo, ma se per vari motivi l'immagine di Cristo è offuscata, la natura degli uomini cercherà uno sfogo altrove". Magari nel buddismo, nel fondamentalismo protestante, nell'islamismo o nelle credenze magiche. Per Cristina Odone, scrittrice inglese, la grande sfida non è l'agnosticismo, ma la capacità di penetrazione dei movimenti fondamentalisti protestanti. È anche una questione di linguaggio, spiega: "A Roma si parla in termini teorici, retorici, universali, che un tassista o una cameriera non sentono come propri. I fondamentalisti evangelici usano il linguaggio concreto di ogni giorno, si confrontano con le ansie vere, toccano i problemi quotidiani: l'angoscia di vivere, un divorzio, l'aborto, l'omosessualità. Magari danno risposte sbagliate, attaccandosi ad una lettura letterale della Bibbia, negando con passione ai diversi, spaccando il mondo tra Noie Loro. Ma si fanno capire".
L'oblio del cristianesimo in Europa, dice Cristina Odone, porterà ad una confusione spirituale, perché l'identità europea è culturalmente, sociologicamente, persino individualmente intrecciata al cristianesimo. "La storia dell'Occidente", le fa eco Ida Magli, "si spiega soltanto con il cristianesimo". Perderlo è per l'Europa un pericolo gravissimo, sostiene l'antropologa che pure spesso ha criticato ferocemente la Chiesa Cattolica e papa Wojtyla. Nel vuoto si fa largo l'islamismo - continua la Magli – che rappresenta una religiosità primaria, antecedente per sua natura al cristianesimo e all'evoluzione occidentale dell'ebraismo. Ma così si ritornerebbe ad un tipo di fede primitiva e andrebbe perso il salto, la grande rottura culturale introdotta da Gesù: il passaggio dalla religiosità dei segni materiali (l'ariete sacrificale, la circoncisione, il sabato) ad una fede in cui il primato sta nel simbolo. In cui la fede religiosa deve intrecciarsi alla totalità dell'essere. Il rigore del pensiero al rigore etico. "Qualcuno deve salvare il cristianesimo", esclama la Magli, "bisogna tornare ad una predicazione popolare come ai tempi degli apostoli e di San Francesco".
Il cardinale Ratzinger, pessimista sulla sopravvivenza delle burocrazie istituzionali su cui si sono appoggiate per secoli le Chiese cristiane, ripete spesso una sua ricetta. Il futuro del Cristianesimo non sta nel ruolo di "strumento moralizzatore della società" o di promotore di utili iniziative sociali. "No, in questo modo non si può salvare la Chiesa. Essa deve anzitutto e con risolutezza adempiere al proprio compito, su cui si fonda la sua identità: far conoscere Dio e proclamare il suo regno".

Come? È l'enigma del terzo millennio.