La necessità della rivoluzione nasce dal rifiuto
sia del sistema capitalistico che di quello
marxista, governati, secondo TERZA POSIZIONE, da
ideologie massificanti che soffocano gli impulsi
creativi individuali corrompendo luomo e
allontanandolo da se stesso.
Lobiettivo di Terza Posizione sul piano
internazionale è la lotta contro gli
imperialismi degli USA e dellURSS, contro
il mercantilismo e il sionismo: "Né Usa, né
URSS: Terza Posizione".
Ne consegue il pieno appoggio a tutti i movimenti
di liberazione nazionale, che si battono per la
salvaguardia delle proprie tradizioni e contro le
aggressioni militari e le infiltrazioni
economiche delle superpotenze: è il caso dei
Baschi, degli Irlandesi, degli Afgani, degli
Iraniani, dei nazionalisti Libici di Gheddafi,
dei Sandinisti del Nicaragua, ecc.
Nel settembre del 1980 la magistratura romana ordina un blitz contro Terza Posizione, assestandole un colpo quasi mortale. Risultato: 150 perquisizioni, 10 arresti, otto ordini di cattura notificati in carcere. |
NE' FRONTE ROSSO NE' REAZIONE
AUTONOMIA TOTALE
LA FINE DI UN'ERA
ALTERNATIVA DI POPOLO
IL DOMANI CI APPARTIENE
STARE IN GUARDIA
FUORI DAI PARTITI, OLTRE GLI SCHEMI, CONTRO IL POTERE
OBIETTIVO RIVOLUZIONARIO
OLTRE GLI SCHEMI
FARE FRONTE
LOTTA E VITTORIA
CONTROMETROPOLI
ESSERE ESEMPIO
CONTRO TUTTI I PARTITI CONTRO TUTTI I CORROTTI
LA RIVOLUZIONE E' COME IL VENTO
E' L'ORA DELL'AZIONE
PASSI SICURI, PASSI PESANTI E LENTI
Né fronte rosso né reazione
Il 25 aprile come ogni anno l'Italia si raccoglierà
attorno alle più alte cariche dello Stato per la
celebrazione della resistenza.
E più che mai quest'anno i discorsi commemorativi
saranno un momento in cui si inviterà il popolo italiano
all'unità nella libertà e nella democrazia, e a
respingere l'attacco « fascista » continuamente portato
alle istituzioni.
Ma coloro che realmente RESISTONO da anni a prezzo del
proprio sangue e della propria libertà all'ingiustizia
del sistema, sanno bene che la celebrazione della caduta
del fascismo e gli appelli contro il «persistente
pericoloso eversivo» spesso rappresentano solo il
pretesto grazie al quale le forze del fronte rosso e
della reazione ogni anno consolidano il potere.
Ma il gioco degli equilibristi «democratici» e «antifascisti»
si fa sempre più difficile se si pensa
all'insoddisfazione presente in tutti gli strati sociali,
alle continue esplosioni di rivolte, agli scandali,
sintomo di un governo corrotto che tutti sono stanchi di
avallare.
Lo stesso fronte rosso che aveva in questi trent'anni
dato prova di monoliticità, di saldezza e di unità,
evidenzia oggi la spaccatura di un mondo in continua
contraddizione che vuole stare al potere e
all'opposizione o che perlomeno tenta di raccogliere i
frutti del potere e dell'opposizione.
Lama è contestato, il P.C.I. viene ormai identificato
nella corruzione del potere, gli extraparlamentari sono
definiti infantili, gli autonomi provocatori. In questa
lotta intestina il fronte rosso si sta disgregando ed
emerge inequivocabile che se il potere comunista si farà
ancora più palese, lo scontro fra P.C.I. e forze ribelli
sarà inevitabile.
La reazione tenta disperatamente di non cedere alla
violenza dei tempi; ma è in ogni momento costretta a
venire a patti.
Tenta di difendere i Rumor, i Gui e i Tanassi ma viene
battuta; riesce a dilaniare l'estrema appendice di destra
per poter avere quei venti voti in più al parlamento che
le consentano di tenere alla meno peggio.
Ma, come una barca che sta per essere sommersa dalle
onde, spostandosi ora a sinistra ora a destra, non riesce
a salvarsi dalla furia che la investe. E quei patetici
politicanti che ci appaiono sorridenti al televisore per
dirci che la situazione, in fondo, non è disperata, ma
"occorrono sacrifici", non incantano più
nessuno, e appaiono il segno più tangibile della
cancrena del potere. Una cancrena che le forze migliori
del popolo, le avanguardie di un futuro che incomincia a
delinearsi, hanno la volontà di combattere fino in fondo.
Noi, che a trent'anni dalla resistenza che ancora si
celebra, oggi resistiamo compatti contro tutto ciò che
ci circonda, abbiamo la presunzione di dire che la loro
epoca è ormai morta e noi saremo gli artefici del domani.
La profonda notte in cui è stato immerso il mondo mostra
già i primi segni dell'aurora; e la nostra sarà quanto
mai bella.
IL DOMANI CI APPARTIENE!
AUTONOMIA TOTALE
A meno di un anno dal patto governativo PCI-DC, le
università italiane sono esplose in una protesta
rabbiosa che ha avuto come obiettivi non solo i consueti
gruppi politici della reazione ma anche la classe
dirigente del fronte rosso da Berlinguer a Lama.
La protesta si è poi estesa sanguinosamente nelle piazze
ma è risultata inconcludente per mancanza di contenuti.
Gli studenti proclamatisi autonomi, eluso il tentativo di
totale recupero agli schemi della sinistra perpetuato da
Lotta Continua, hanno urlato e manifestato la propria
rabbia contro coloro che da nove anni ipocritamente
strumentalizzano in larga parte la rabbia giovanile.
Ma da una ribellione che è risultata nichilista e
apparentemente senza sbocchi si ricava una necessità
vitale sentita dall'intero mondo studentesco: la necessità
dell'autonomia. Ma l'autonomia si costruisce intorno ad un centro ideale
e politico.
Si è autonomi se si posseggono idee chiare e valori
precisi da difendere ed affermare in una società che
tende alla disintegrazione. Si è autonomi quando la protesta possiede contenuti
reali, quando si hanno programmi politici.
Dunque se si vuole attualizzare una reale autonomia,
bisogna che questa autonomia si definisca. Ottenere l'autonomia dallo strapotere dei partiti da
sempre volto in funzione e a vantaggio dei gruppi
dirigenti degli stessi, significa opporre una
partecipazione diretta. Significa organizzarsi nei quartieri, nelle
circoscrizioni, nei paesi, isolando i politicanti ed esprìmendo
realtà unitarie alla faccia delle divisioni artificiali
(dogmatiche, partitiche).
Significa fare dei consigli di quartiere e di
circoscrizione, delle giunte comunali, un'espressione
diretta di ogni realtà locale protesa verso la
realizzazione delle proprie necessità civiche,
urbanistiche, ecologiche, in perfetta armonia con le
realtà delle altre circoscrizioni, degli altri
quartieri, delle altre giunte.
Significa lottare perché queste realtà influiscono
direttamente sulle scelte del paese insieme a quelle
espresse dalle categorie sindacali, dalle cooperative
aziendali, dalle rappresentanze militari.
Significa svuotare la «triplice» che vive in funzione
del proprio apparato dirigente sulle spalle dei
lavoratori e rilanciare un'alternativa sindacale che
esprima globalmente le rivendicazioni e dirima già nel
seno stesso del sindacato le contraddizioni delle varie
categorie del mondo del lavoro e delle singole
cooperative di azienda.
Significa possedere il controllo diretto sull'operato
delle industrie perché non esista mai più un'altra
Seveso.
Significa avere il controllo sull'impostazione della
nostra economia, perché non si debbano più distruggere
i pomodori e le arancie del meridione, per importare gli
agrumi di Israele ed esportare Italiani sotto la voce:
mano d'opera.
Signifìca permettere ad ogni campagna italiana di essere
autonoma e produttiva.
Significa concedere ad ogni famiglia l'opportunità di
possedere una casa e non di vivere in un formicaio con il
cancro sempre in agguato.
Significa specializzare e volontarizzare l'esercito.
Significa costruire una scuola educativa e non
addestrativa, perché ne escano degli uomini e non solo
dei tecnici, peraltro spesso squalificati.
Significa essere padroni di un'etica con la quale vivere
e da insegnare e sulla quale rieducare e non emarginare.
E, dunque, significa anche rivoluzionare i concetti
detentivi e penali che, cosi strutturati, sono assurdi.
E perché tutto questo si attui bisogna essere autonomi
dalle ingerenze economiche, politiche, militari.
Dobbiamo, dunque, affermare l'autonomia esterna insieme a
quella interna.
Dare all'Italia un suo ruolo autonomo nell'Europa e nel
Mediterraneo e all'Europa la sua autonomia respingendo
ogni tentativo imperialista sovietico, americano, o di
qualunque tipo.
Tutto questo si chiama autonomia.
Perché l'autonomia, per definizione, o è totale, o non
è.
LA FINE DI UN'ERA
La nuova struttura del potere conseguente all'accordo
a sei ha già dato i propri frutti.
La repressione camuffata in depenalizzazione, il confino
allargato ai reati politici, la nuova strategia della
tensione con allegata la teoria degli opposti estremismi
periodicamente emergente, sono le ultime trovate del
sistema borghese.
Il potere non nasconde più il suo volto di dittatura, di
oligarchia, di stato poliziesco, manovrato da pochi
uomini che saltando continuamente dalla sinistra alla
destra del proprio schieramento, contraddicendo oggi ciò
che dicevano ieri, dimostrano di essere solamente
obbedienti agli ordini del Cremlino e della Casa Bianca.
L'opposizione, quella libertaria e superficiale dei
radicali, quella sempre più perdente dei missini, quella
confusa delle frange autonome, a noi non interessa.
Esiste per noi l'opposizione politica, sociale,
ideologica ed esistenziale, quindi totale, al sistema,
che nella ristrettezza dei movimenti concessi e nella
dura lotta di conquista di spazio dà i suoi tangibili
segni di vita.
Non solo in Italia e nell'occidente, ma anche
nell'oriente tanto forte nella sua struttura poliziesca e
repressiva, nascono i focolai delle rivolte di popolo.
Berlino, città che per posizione geografica e
significato storico è il cuore d'Europa, ha mostrato
nella sua parte più martoriata, volontà di esistere ed
anche di combattere per la propria libertà.
La Berlino del muro, dei «vopos», della schiavitù
all'URSS, è stata per un giorno la città che ha lottato
per sé e per l'Europa. Ma il suo grido è destinato a
perdersi nella notte se non saremo tutti noi Europei a
raccoglierlo.
Siano perciò spezzate le vecchie contraddizioni, le
antiche incertezze, le perenni attese; agire, sia ben
chiaro, non significa agitarsi né distruggere; non
significa nemmeno fingere adesioni e continuare a vivere
chiusi nel fango del proprio egoismo.
L'azione è lotta perenne ai di là dei partiti, nella più
assoluta mancanza di mezzi; è forza di continuare quando
la repressione non ti permette di esistere; è esempio
militante, coraggio e abnegazione, volontà di resistere
e vincere.
Il confronto sarà decisivo solo se di fronte all'attuale
tradimento dì tutte le forze politiche mostreremo la
volontà di stare ancora una volta avanti a tutti.
L'angoscia dei popoli in schiavitù, la disperazione
degli uomini sfruttati, le grida di rabbia di tante
illusioni ferite, finalmente si scateneranno.
La Berlino che a ottobre ha fatto tremare l'est è il
presagio di un'Europa che combatterà per il futuro, di
un terzo mondo e di un'America latina che lotteranno per
il proprio ruolo, di una umanità che non sarà più in
ginocchio.
Solo allora quel fantasma che oggi turba le notti di chi
governa il mondo e che gira braccato e combattuto nelle
città della terra, trovata finalmente la strada, prenderà
forma e sarà protagonista del nostro domani.
Quel fantasma è il nostro ideale.
Alternativa di popolo
Da anni la «triplice» sindacale rappresenta un'entità
uniforme. Da mesi la DC e il PCI hanno raggiunto
un'intesa di collaborazione che si manifesta negli
interventi unitari nella vita pubblica. Anche gli enti
parastatali, stanno gradualmente diventando un unico
massiccio organismo.
In pratica è in atto, favorito dalle leggi per la
sicurezza interna, il consolidamento di un unico colosso
articolato, amministratore del potere multinazionale,
garante dei privilegi e delle lottizzazioni. Ma mentre il
potere va amalgamandosi ed organizzandosi si evidenziano
sempre più l'estraneità dei suoi detentori alle
aspirazioni del paese, e l'ostilità nutrita ogni giorno
di più nei loro confronti da tutti.
Dovunque nelle scuole si allarga l'area
dell'opposizione e del rifiuto sempre più qualificati
idealmente e politicamente. E su quest'area non
attecchisce il recupero intellettuale ai filoni
filosofici interni alla logica del sistema. Recupero
intellettuale che riuscì a sconfiggere il 68.
Contemporaneamente l'opposizione dilaga nelle campagne
dove solo la difficoltà d'organizzazione ha permesso la
neutralizzazione degli effetti.
Nel mondo del lavoro dove la «triplice» perde sempre più
colpi e vede le sue tessere strappate a migliaia,
avanzano le ali libere e spregiudicate dei sindacati
autonomi, dei CUB, della Cisnal. E talvolta combattono
fianco a fianco. Da questa pedana di lancio è vitale
sviluppare un vero e proprio sindacalismo rivoluzionario
che combatta il monopolio filocapitalista di CGIL-CISL-UIL
e la «tregua sociale» basata sulle sperequazioni e
sull'ingiustizia. E bisogna integrare questo processo
rivoluzionario alla crescita politica nelle scuole, nelle
università, nei quartieri, nelle campagne. Così da
imporre definitivamente la nostra alternativa.
Quest'alternativa cresce giorno dopo giorno con
l'allargamento della lotta in ogni angolo del paese, nel
suo coordinamento, nelle sue vittorie. E in questo
processo incalzante si forma il popolo che trova
coscienza di sé, identità, unità. E ognuno da e darà
sempre più il suo contributo nel ruolo che ogni istante
riveste. Lo da e lo darà come studente, come operaio,
come contadino, come soldato, in relazione alle sue
capacità, alle sue competenze, alla sua esperienza, al
suo valore, alle sue molteplici condizioni contingenti.
Così prendono organicamente forma la Nazione e lo Stato.
Così prende forma il nostro futuro. Noi ne saremo i
protagonisti!
IL DOMANI CI APPARTIENE!
Due anni or sono le avanguardie rivoluzionarie
sostennero, sole contro tutti, che fronte rosso e
reazione si sarebbero di lì a poco tempo trovati in
crisi profondissima e avrebbero scelto come ultima
possibilità di salvezza l'alleanza oggi comunemente
definita compromesso storico.
Non si poteva sospettare però che anche le potenziali
opposizioni al sistema, e cioè MSI ed extraparlamentari
di sinistra, già da allora legati alla logica della
reazione e del fronte rosso, avrebbero esaurito il loro
ruolo e sarebbero rimasti coinvolti in un declino di
strutture e di ideali che ne avrebbero minato
definitivamente unità e forza. Gli avvenimenti di questi
ultimi tempi hanno quindi chiarito ma reso
contemporaneamente più arduo il nostro compito, in
quanto se allora la situazione concedeva lo spazio anche
alla riflessione e alla maturazione, oggi l'impetuoso
volgere degli eventi porta ognuno di noi a conoscere
duramente la vastità della lotta al sistema borghese.
La trasformazione dell'assetto politico ha posto lo
steccato (che prima si trovava tra fascismo e
antifascismo) fra sistema borghese retto da DC e PCI e
forze d'opposizione.
E se 36 soli voti in parlamento si sono opposti al
compromesso nascosto sotto il velo dell'emergenza, oggi
è quanto mai chiaro che l'opposizione è ovunque: nei
posti di lavoro, nei quartieri, nelle scuole, nelle zone
povere, ovunque i partiti con le loro strutture non
arrivano con false promesse e clientelismi a mutare la
logica della lotta politica.
La divisione netta fra interessi del paese ed interessi
del potere apre oggi uno spazio enorme ad un'opposizione
di popolo al sistema.
Noi che siamo coscienti di come la crisi non sia un fatto
momentaneo o dovuto solo a scelte politiche errate, ma
sia conseguente ad un modo di pensare in termini politici
e di Intendere la vita, che impera da trent'anni
trasformeremo quello che oggi è ridotto a semplice gioco
di formule in una battaglia fra concezioni del mondo.
Le lotte che le forze rivoluzionarie hanno sostenuto
ovunque sotto diversi nomi ma con un'unica ferma volontà
sono prova di questo: l'essersi opposte in tante
occasioni agli estremisti di sinistra, ai partiti del
sistema, agli sgherri della reazione, il sacrificio di
militanti, sconfitte e vittorie rappresentano il preludio
a quella che sarà la fase successiva e decisiva
dell'azione. La Terza Posizione ne sarà lo strumento ed
il polo intorno a cui si raccoglieranno le forze
antimarxiste e anticapitaliste, socialiste nazionali e
rivoluzionarie; Terza Posizione sarà volontà di
liberazione dei popoli dall' imperialismo Usa-Urss per un
nuovo ordine europeo; sarà parola d'ordine per coloro
che vorranno la morte dello sfruttamento e delle
dittature borghesi e marxiste in nome della lotta per la
vita e per la riconquista del nostro domani.
E' infine già oggi il veicolo con il quale si fa largo
una rivoluzione culturale, politica e sociale che
trasforma lentamente ma decisamente le masse di uomini
chiuse nell'egoismo personale e nella logica del profitto
in un popolo compatto, consapevole della propria missione
nell'Europa e nel mondo.
La potenza di questi ideali spinge oggi i militanti per
la Terza Posizione a combattere nelle situazioni più
disperate con un ardore che può apparire fanatico; ma
ben presto ai loro fianco marceranno tutti i popoli in
lotta. Allora a Roma, a Londra, a Mosca, a Berlino, in
ogni piazza d'Europa dove prima regnava la schiavitù
splenderà il sole di una nuova era.
OVUNQUE SVENTOLERANNO LE NOSTRE BANDIERE!
STARE IN GUARDIA
Tanto clamore ha suscitato il rapimento di Aldo Moro
da parte delle Brigate Rosse.
E' la prima volta in oltre trent'anni che
un'organizzazione armata colpisce un alto esponente del
potere parlamentare.
Finora era stata colpita solo la magistratura. E' dunque
comprensibile la agitazione che questa azione di
guerriglia ha provocato nel paese.
Con sentimenti diversi, tutti si attendono nuove mosse
dei brigatisti.
E non c'è calma da parte degli esponenti del potere che
si scoprono vulnerabili e mal protetti.
D'altronde il momento è delicato. O il potere consolida
spaventosamente le sue posizioni e sbaraglia o imbavaglia
il terrorismo, oppure la guerriglia degenera
definitivamente coinvolgendo tutti i santoni della
politica e le frange più esasperate dell'opposizione. In
questa situazione delicata, dai cui effetti si dovrebbe
poter comprendere senza dubbio se le Br sono realmente
autonome o legate a centrali di potere, molte cose stanno
accadendo.
E' nostro compito in simili frangenti lasciare agli
ingenui e ai presuntuosi prendere posizioni sull'accaduto
e spergiurare che le Br sono il braccio armalo del Pci, o
che sono strumento della Dc, o che sono provocatori di
Almirante, o che sono al soldo di servizi segreti (russo,
cecoslovacco, tedesco occidentale) o che sono il prodotto
spontaneo e naturale di una protesta generalizzata.
E' inutile cercare di stabilire con sicurezza chi siano e
di giudicare cosa esattamente vogliano i brigatisti. E'
sterile e stupido perdersi in discussioni da salotto
scordando le cose più importanti. Scordando cioè che se
esistono gruppi di guerriglia c'è una ragione a monte,
siano essi completamente liberi o pagati. Scordando che
se nel paese esiste chi spara ai governanti con il
risultato di spaccare in due l'opinione pubblica, vuol
dire che gran parte del paese è esasperata. Scordando
che se si arriva ai ferri corti è perché
necessariamente un fuoco cova sotto la cenere. Scordando
che se lo scontro politico si cristallizza è anche perché
questo scontro è rabbia. Scordando che se vi è rabbia
è perché tanti, troppi, tutti, sono stanchi. Stanchi di
vivere in formicai di cemento, senza un lavoro, senza una
prospettiva, senza un avvenire, e soprattutto senza un
senso, senza una dignità, senza un fine, senza un valore.
Senza la gioia di essere e di vivere in una società. E
stanchi di essere angariati, vilipesi, oppressi dallo
strapotere di una burocrazia così salda e imperturbabile
che vive e spadroneggia da anni senza che se ne veda mai
una alternativa concreta, fattibile, prossima se non
immediata.
Il nostro compito non è dunque giudicare ma costruire
nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, nei
quartieri, nelle città, ed ovunque, delle realtà
emergenti che si esprimano politicamente e formino da sé
l'alternativa automatica, viva, indistruttibile, al
potere gestito dal democristiani, dai comunisti e da
tutti gli alleati che costoro hanno in parlamento, nei
sindacati e ovunque nei posti che contano. E nostro
compito è stare in guardia e smascherare l'obiettivo del
«caso Moro».
Non l'obiettivo delie BR ma quello della DC, del Pci e
dei lori simili.
Si è approfittato dell'azione dei brigatisti per
instaurare una serie di leggi repressive che aumentano il
potere della polizia e diminuiscono la libertà, già
troppo esigua, dei cittadini.
Per porre per la prima volta il ministro degli interni a
capo anche di corpi militari, per varare un sistema
poliziesco che poco ha da invidiare al Cile o ai paesi
dell'est, tranne la serietà.
E l'obiettivo, è palese a tutti, non possono essere le
BR che non vengono certo infastidite dalle misure
eccezionali, ma è il popolo. Si vuole che il popolo non
si organizzi e non trovi un'identità politica che nel
rifiuto del fronte rosso e della reazione, (sempre più a
braccetto tra i banchi del parlamento) sappia affermare
le sue esigenze. E per prevenire tale inevitabile processo
si cercano la repressione delle avanguardie, la
mobilitazione mentale, la spaccatura teorica del paese.
Spaccatura fomentata per sfruttarne la reazione, per
accelerare la «criminalizzazione» e giustificare di
diritto un potere che si è affermato solamente con le
manovre di sottobanco.
Il tutto per scaricare su pochi, deformata e
criminalizzata, la speranza di tutti.
Per sconfiggere mentre deve ancora formarsi, prima che
compia i suoi primi decisivi passi, l'unità del popolo
che è il vero fantasma che terrorizza le notti dei «nostri»
ministri e del loro sostenitori. Molto più delle Brigate
Rosse.
FUORI DAI PARTITI, OLTRE GLI SCHEMI, CONTRO IL POTERE LA NOSTRA LOTTA
Militare nell'area della Terza Posizione vuol dire
combattere l'imperialismo russo-americano, osteggiare e
scardinare i due schieramenti politici, commerciali,
militari, legati al Cremlino e alla Casa Bianca.
Significa agire perché quest'area si allarghi e si
qualifichi sempre più.
Significa agire all'interno ed al fianco di quei
movimenti, di quei governi che stanno cercando e trovando
la propria via d'indipendenza nazionale e realizzando
nella teoria e nella pratica la giustizia sociale.
Significa liberare gli schieramenti potenziali ed
emergenti da tutte quelle figure chiaramente
controrivoluzionarie, come Castro e Tito, che cercano di
fuorviarli dai reali obiettivi.
Significa opporsi al blocco occidentale e a quello
sovietico, al fronte rosso ed alla frastagliata e
articolata reazione, nella consapevolezza che questi due
poli, propagandisticamente contrapposti, sono i due volti
di un solo monolite, le due teorie di una stessa mentalità,
di una medesima logica.
La doppia garanzia degli interessi del colosso
multinazionale che agisce alle spalle o a fianco del
governi delle superpotenze.
Significa permeare sempre più profondamente quest'area
di un ideale, di una concezione del mondo comune e
sviluppare insieme le affinità contingenti, teoriche,
politiche.
Significa guardare agli avvenimenti politici mondiali con
interesse e spregiudicatezza sapendo che, qualora si
esista come forza ideale e come blocco strategico, si può
beneficiare dell'azione di movimenti e di stati a noi
profondamente estranei ma che hanno, nell'immediato,
intenti comuni. Nella consapevolezza che la indubbia
concordanza di interessi tra la Cina, il reazionario
Brasile, taluni paesi dell'Africa e del Medio Oriente,
possono rappresentare ottime garanzie per trasformazioni
nelle quali inserirsi. Trasformazioni favorite ancora più
nettamente dal probabile riavvicinamento graduale delle
«due» Germanie, dal possibile affrancamento del
Giappone.
Significa sapere tutto questo, lottare per esistere come
forza influente e decisiva nelle vicende mondiali. E
lottare vuol dire essere consci della propria funzione di
avanguardia rivoluzionaria. Avanguardia che, come tale,
deve ancora trovare un rapporto compiuto con il popolo
che cerca l'identità, la dignità, l'indipendenza. E
quindi vuol dire impegnarsi a stabilire questo rapporto
complesso e articolato ma vivace e schietto. Senza
scoraggiarsi a dover ripetere più volte e in più
maniere il tentativo. E senza giustificare la propria
incapacità con l'alibi di essere migliori e, come tali,
incomprensibili.
Significa quindi non concepire idee astruse che portano
ad agire nell'ombra, a ideare azioni dietro le quinte.
Significa immergersi nei tessuti sociali, nei luoghi di
lavoro, nei quartieri.
Significa partecipare a tutti gli incontri possibili con
la gente arrabbiata e in protesta che, in-formata, ri-educata,
organizzata, acquisterà personalità e diventerà popolo.
Significa battersi nelle fabbriche, nelle campagne, in
ogni angolo delle città per propagandare le nostre idee
e le nostre tesi, per sconfiggere gli scherani del
potere, per realizzare direttamente la giustizia sociale,
il sistema politico, i rapporti comunitari, le relazioni
ambientali che sono congeniali all'uomo e al nostro
popolo.
Obiettivo rivoluzionario
Le tappe neccessarie al movimento per raggiungere l'obiettivo rivoluzionario sono essenzialmente due: organizzazione e costituzione dello Stato di popolo.
PRIMA FASE: ORGANIZZAZIONE
La fisionomia del sistema borghese presenta oggi un
compatto schieramento di partiti, forze industriali,
nazionali e multinazionali, ecc. ecc.. Ciò non esclude
che all'interno dello stesso sistema operino potenzialità
positive inserite in strutture negative.
E' sintomatico che oggi in movimenti sia di destra che di
sinistra come persino in forze collocate al centro, ci
sia un'ansia di cambiamento anche se generica e parziale.
Obiettivo nostro è dunque potenziare la
sensibilizzazione degli strati popolari e coagulare quei
numerosi giovani che non hanno ancora fatto il salto da
posizioni riformiste e ribelli a posizioni rivoluzionarie.
Costruire quindi di conseguenza uno schieramento di lotta
al sistema isolando definitivamente tutte le forze di
pseudo-opposizione.
L'adesione va fatta sempre su basi di omogeneità e mai
di eterogeneità: sarà perciò impossibile che a un tale
disegno aderisca un individuo che abbia in sé tare
reazionarie, marxiste o democratico-borghesi.
Altro fattore indispensabile per la conquista dello
spazio politico è che il movimento abbia un trampolino
di lancio per sostituirsi al sistema, e quindi abbia
concretamente in mano realtà organizzate in senso
rivoluzionario.
A questo proposito è necessario coinvolgere più strati
possibili di popolazione anche se a livelli diversi. Il
militante e il dirigente politico creeranno all'interno
di scuole, quartieri, fabbriche e campagne, le strutture
necessarie affinchè un discorso di opposizione si
trasformi in affermazione integrale.
Per affermazione integrale si intende trasportare valori
e rapporti in quel contesto: dei veri e propri piccoli
stati. Con questi strumenti si inizia l'opera di
rivoluzione culturale e politica del popolo il cui motore
rimane l'avanguardia.
Costruito ciò sarà impossibile da parte del sistema
annientare quest'isola rivoluzionaria per lo spontaneo
ricambio che si creerà.
Più isole organizzate fra loro formeranno un polo
organizzato che avrà a quel punto un'ampia risonanza a
livello nazionale. Ognuno è tenuto a contribuire al
massimo delle proprie capacità, al conseguimento di tale
obiettivo.
OLTRE GLI SCHEMI
Ci hanno divisi in partiti
per poterci dominare meglio. Ci hanno suddivisi in classi
per poterci distogliere dai nostri comuni problemi. Ci
hanno schierati a destra, a sinistra, al centro,
inventando teorie a compartimenti stagni, assicurando
l'assurda inconciliabilità del nazionale e del sociale,
del personale e del comunitario. Ci hanno spinti l'uno
contro l'altro in nome di falsi miti, infettandoci con le
ideologie. Hanno fatto in modo che il sangue della
migliore gioventù bagnasse il selciato e loro, i
mandanti, hanno portato a braccia le bare.
E mentre tutto questo accadeva, l'oligarchia mercantile
che detiene il potere in accordo con l' imperialismo
straniero ingrassava distruggendo la nostra economia, le
nostre libertà, la nostra dignità nazionale.
Ma il meccanismo si è inceppato. Il referendum, le
elezioni amministrative, l'azione svolta da forze
autonome in campo sindacale, l'azione intrapresa in
quartieri, scuole, campagne, dalle avanguardie
rivoluzionarie, dimostrano oggi inequivocabilmente la
volontà di rigetto da parte del popolo di coloro che
pretenderebbero di rappresentarlo.
I grandi mezzi di informazione, ciechi o in mala fede,
hanno minimizzato e minimizzano i fatti, non collegano
l'emergere di tante situazioni, di tante realtà.
Ma il popolo deve conquistare l'autonomia, la libertà,
l'indipendenza. Dobbiamo rifiutare gli schemi. Tutti gli
schemi che il potere ci impone.
Fuggire le classificazioni artificiali, le divisioni
inesistenti.
Non più di destra, non più di centro. Non più di
sinistra. Fuori dalle sedi dei partiti.
Disertando le loro iniziative. Non più borghesi, non più
proletari. Ma uomini. Uomini liberi che, organizzandosi e
battendosi nelle fabbriche, negli uffici, sui mercati,
nelle città, scoprono un senso nuovo, da tempo smarrito.
Il senso di unità, il senso di creatività che farà e
che già sta facendo di questi uomini liberi un popolo.
E questo popolo, isolati e travolti i rappresentanti
dell'odierno potere, porrà se stesso alla guida dei
propri destini.
Realizzerà una diversa qualità della vita.
Darà corpo ad una cultura propria, schietta, genuina.
Renderà la nostra una nazione libera e ben governata
alla quale saremo lieti di appartenere.
Una nazione che sarà di esempio per i popoli
mediterranei ed europei in lotta, anch'essi, per
riscattare un vergognoso presente.
FARE FRONTE
Nell'epoca in cui l'automa che uno Stato esprime non si riferisce a principi che superino il piano materiale della vita le leggi non interpretano la verità e la giustizia della logica naturale della vita, nella quale tutti gli uomini possano identificarsi le istituzioni non danno modo agli uomini di realizzare la più intima e sincera personalità nello svolgersi del proprio ruolo sociale ed esistenziale quotidiano la rivolta diviene DOVEROSA.
Nell'epoca in cui la politica italiana si è appiattita in forme tanto vuote e monotone quanto false e violente nei confronti delle reali esigenze del popolo, assoggettate ad avidi poteri di anonime società economìche o a interessi di centri di potere tesi a imporre le proprie disumane ideologie, molti sono coloro che non condizionati dalla logica del sistema, né tantomeno corrotti da teorie pseudo rivoluzionarie irrigidite in schemi ormai privi di significato, volgono i propri nobili intenti a una lucida lotta che si inserisce nell'ambito della Terza Posizione.
Questa forza, dapprima quasi impalpabile, prende forma e si fa movimento politico, privo di dogmi ideologici, estraneo a fazioni e partiti. La sua voce sprezzante va dilagando, il suo aspetto prende organicità, il fenomeno da isolato si estende in tutta Italia.
E' un fronte che si è costituito. Né rosso, né reazionario!
L'identità comune è la lotta, non fondata sull'ossessione di distruggere con odio e criticare con animosità ma dettata dalla serena chiarezza di quella parte sana del popolo che sente l'esigenza e ha la volontà di creare i valori etici della società, il suo giusto equilibrio sociale ed economico, la sua integrità di nazione.
E soprattutto di dare un significato alla vita, nel rapporto con gli uomini, col mestiere, con la natura. Si va avanti nelle scuole, nelle piazze, nei quartieri, nelle città, nelle campagne, si affrontano le difficoltà, si superano gli ostacoli con la fredda fermezza e la spietata decisione di chi lotta per amore del giusto.
Il nostro è un invito a unirsi a questo fronte che si sta aggregando per affinità intorno a quanti, prendendo coscienza delle evidenti disfunzioni sociali, culturali, spirituali, si sono accorti della superficialità o addirittura della falsità di molte prese di posizione, create dalla violenta massificazione che il sistema attua nel campo umano, in tutto il popolo.
E quindi anche in coloro che gli si oppongono.
Un fronte che contrappone ai compromessi, alle sottomissioni, ai metodi occulti e oscuri, al rinchiudersi in forme intellettualistiche e dialettiche la chiara e responsabile scelta politica dell'azione.
Una scelta che ha un solo esito finale: la vittoria!
LOTTA E VITTORIA
Aumenti indiscriminati di generi alimentari, della
benzina e dei beni di consumo primario.
Quasi un morto al giorno causato dalla droga.
Due sintomi questi di una situazione politica, sociale e
spirituale che non perdona alcuno, dal giovane alla
massaia al cittadino qualsiasi.
Una realtà che richiederebbe un'adeguata risposta dalle
opposizioni.
Ma le opposizioni storiche di destra e di sinistra hanno
esaurito la carica e piangono sui loro errori, sulle loro
beghe interne, sul disfacimento politico evidenziato da
chiusure di giornali, calo elettorale, assenza di
militanza.
A tanta debolezza dei partiti d'opposizione corrisponde
una grande forza d'opposizione nel paese.
Una spinta che nessuno raccoglie ma che investe
chiaramente tutti gli aspetti del sistema borghese.
Terza Posizione rimuove le stagnanti acque della
rassegnazione e si manifesta come polo per tutti coloro
che vogliano disegnare con noi il futuro del nostro
popolo.
Dalle scuole, dai quartieri, dalle borgate, dalle
campagne, si delineano rapidamente e decisamente le
caratteristiche dell'opposizione rivoluzionaria.
Rifiuto dei partiti, delle ideologie marxiste e
capitaliste, del mondo borghese che ha come simboli
discoteche e droga; rifiuto delle metropoli soffocanti e
della «civiltà» senza volto.
Affermazione di un nuovo popolo che ritrovi la volontà
di essere unito e di avere degli obiettivi non solo
economici ma di civiltà; di una nuova legione che sia
avanguardia ed esempio nella militanza e nella vita e che
marci con un unico fine rivoluzionario.
Affermazione infine di giustizia che non vede più né
parassiti né sfruttatori, non più abili parlatori o
ideologhi al potere ma piuttosto, una schiera di uomini
migliori a guidare il popolo verso la libertà.
Le scelte isolate e lo spontaneismo possono avere
tutt'oggi il fascino dell'ultima battaglia ma
costituiscono indubbiamente una perdita di tempo per la
rivoluzione.
Si abbia il coraggio dunque di abbandonare personalismi e
particolarismi e di raggiungere e integrarsi a chi sta
avanti, conquistandosi il proprio ruolo giorno per giorno
attraverso la lotta.
D'altronde sappiamo che in questo sistema non crede più
nessuno.
Nemmeno il borghese che vede naufragare nella noia e
nell'inconsistenza la propria vita.
Nemmeno il seguace del partito che attende dai suoi
dirigenti impossibili ritorni di fiamma.
Da loro non ci attendiamo nulla; forse il ripensamento
dell'ultima ora.
Dagli uomini che amano lottare ci attendiamo invece una
scelta di azione.
Solo dall'assoluta radicalità di questa scelta può
nascere la possibilità di forgiare i tempi e di marciare
verso la vittoria.
CONTROMETROPOLI
Sulle nostre pagine ci siamo più volte
definiti rivoluzionari, e più volte nei quartieri e
nelle scuole lo abbiamo dimostrato e lo dimostriamo con
la pratica e la militanza politica. Ma l'auto definirci
rivoluzionari non si ferma solo sul piano strettamente
politico o sociale. Rivoluzionare non significa infatti
ribaltare solamente la struttura sociale e instaurare un
nuovo ordinamento politico; rivoluzionare significa
innanzitutto ribaltare l'attuale mentalità. Noi, che
abbiamo la presunzione di sentirci avanguardia
rivoluzionaria, ci dobbiamo assumere coerentemente la
responsabilità di esserlo. E' per questo che
dobbiamo proporre un diverso modello mentale, un diverso
modo di entrare in relazione con chi ci sta intorno, con
le istituzioni politiche, con l'ambiente in cui viviamo.
Proporre un modello mentale significa fornire nella
pratica strumenti ed esempi affinchè l'uomo-massa,
l'individuo che oggi ragiona e vive in termini egoistici,
si annulli e si trasformi in uomo-membro del popolo che
deve nascere e forgiarsi nella rivoluzione.
Noi col nostro esempio di milizia politica intendiamo
fornire tale modello. Quando infatti denunciamo e
prendiamo posizione contro le ingiustizie che governano
l'attuale società, sappiamo e affermiamo che queste
ingiustizie sono la manifestazione di quella maniera di
pensare che noi dobbiamo e vogliamo sradicare.
I temi che ci danno l'esatta misura di quanto scriviamo
sono innumerevoli. Uno dei più eclatanti è quello della
casa-formicaio. L'ideologia che ha potuto concepire
questa mostruosità è quella mercantilistica del dare e
avere, è quella che si è concretata storicamente nella
città intesa e vissuta come mercato economico, in cui
gli unici rapporti considerati fra gli uomini sono quelli
basati su valori che degradano l'uomo.
La casa-formicaio, cioè i grattacieli, i «casermoni»
fatti solo per razionalizzare lo sfruttamento dello
spazio evidenziano il disprezzo di tutti quei valori che
costituiscono la nervatura della persona; se oltre a ciò
consideriamo il fatto che tali costruzioni vengono
patrocinate e compiute per un fine economico si intuisce
quale sia la stima che nell'attuale ordinamento politico
si ha dell'uomo. Questi edifici iniziano a trovare la
loro collocazione anche in ambienti rurali: anche là, in
spregio al formativo e qualificante contatto con la
natura, si tenta di sradicare sempre di più l'uomo dal
suo «paesaggio» originario; e questo viene salutato
come l'arrivo del «progresso».
Il tema di cui stiamo trattando a mo' di esempio diventa
un vero e proprio problema sociale quando la domanda e
l'offerta dell'alloggio imprescindibile necessità
e punto di riferimento dell'uomo creano la
situazione che permette manovre speculative; si viene cioè
ad assistere ad una delle più macroscopiche ingiustizie,
quella del lucro su un bene di prima necessità: la casa.
Ma, si dirà, l'esperienza comune ci fa notare oltre agli
squallidi dormitori di borgata anche gli splendidi e
impeccabili grattacieli di lusso con moquette e tripli
servizi. Ebbene questi ultimi, in sostanza, non
differiscono affatto dai primi, in quanto la concezione,
ossia il modello mentale che li ha partoriti è lo stesso:
i primi costituiscono la merce scadente, i secondi quella
di prima qualità, entrambi restano merce.
Inoltre i «casermoni» di lusso acuiscono l'edonismo, la
vanità dell'uomo-individuo che trova la sua possibilità
di vita solo in questo sistema. L'adesione a
valori come la frivolezza, l'edonismo si esprime in quei
villaggi residenziali pieni di tutti i comfort: cioè in
grattacieli tagliati a fette e disposti in pianura.
Quindi riassumendo, noi notiamo che dall'osservazione di
un'ingiustizia sociale perveniamo a considerazioni che la
superano di gran lunga. Giungiamo così a capire che i
problemi generati e irrisolti da questa società sono il
riflesso se non la conseguenza della maniera con cui la
stessa si pone di fronte alla vita.
E' dalla radicale opposizione di vedute con l'attuale
sistema che nasce lo scontro con questo ultimo. Proprio
per il fatto che non si vuole vivere da automi o peggio
ancora senza una propria dignità si arriva alla
determinazione di lottare e contrastare, fin dove è
possibile, l'attuale modo di vivere e pensare. Questo
scontro, o antiteticità di valori, si esplica
esteriormente e in modo lampante come ribellione,
insofferenza, sciopero, rivolta.
Quindi attraverso la lotta nasce l'uomo-membro del popolo
e la cultura di cui esso è portatore. E' ovvio che
l'essere pervenuti a tali considerazioni ci allarga
l'orizzonte, il senso e il peso dei vari fatti che
intervengono nel rifiuto dell'attuale società. Infatti
rileviamo ad esempio che il lottare solamente contro
l'ingiustizia sociale è un'azione inconcludente,
dispersiva, che possiamo definire controrivoluzionaria e
questo per il fatto che la coscienza di lotta ci impegna
in un'opera radicale, che abbisogna quindi del puntello
di una vera e propria rivoluzione culturale.
Ma tutto questo appartiene al livello più appariscente e
in un certo senso meno essenziale e più inconcludente
quando ed è l'esperienza comune a rilevarlo
reagendo in questo modo si viene facilmente
riassorbiti e reinseriti nel sistema. Infatti il
linguaggio con il quale in questi casi sì risponde è
dialettico proprio rispetto all'ordinamento contro cui in
quel momento ci si pone. Tuttavia questi momenti di
scontro celano anche altre possibilità che emergono
in particolare quando attraverso la lotta si viene a
manifestare la volontà dì cambiare la situazione
esistente e si realizza che il cambiarla radicalmente
significa possedere una prassi la quale è originata da
un modello mentale irriducibile a quello della base del
sistema che si vuoi abbattere.
Se civiltà altissime, ivi compresa quella romana, hanno
trovato pane per i loro denti quando si sono scontrate
con l'afflusso alle città e con lo squilibrio tra vita
rurale e vita urbana, è immaginabile quali disastrose
conseguenze un simile fenomeno possa provocare in un
agglomerato quale quello in cui oggi viviamo, agglomerato
che, ben lontano da una qualsiasi forma di civiltà,
necessita già di una notevole forzatura per vedersi
attribuito l'appellativo di società.
In primo luogo in altre epoche l'esodo verso la città è
dipeso o da carestie o da condizioni improvvisamente
divenute impossibili per il lavoro agrario, o dal fascino
che esercitava non tanto la città quanto l'essere
cittadino, un titolo più che ambito.
Oggi l'urbanesimo è generato da cause diverse.
La non convenienza di lavorare la terra, considerato il
pressoché inesistente guadagno nel rivendere i prodotti.
Il miraggio d'un lavoro sicuro con una paga fissa e con
una fatica minore. Un continuo richiamo pubblicitario
effettuato tramite simboli, miti, luoghi comuni.
In pratica mentre l'urbanesimo in passato era
generalmente effetto di cause non generate
volontariamente. oggi non è così.
Non si può parlare di sola inettitudine di fronte al
problema agricolo e all'intermediariato. Si deve invece
parlare di volontà criminale che costringe l'Italia a un
ruolo preciso nell'economia occidentale. Ruolo nel quale
l'agricoltura non trova posto.
A questo va aggiunto anche lo svilupparsi spontaneo di un
modello di vita imposto dalla natura e dalla mentalità
del mercante che è il dominatore o per lo meno il
cardine della vita moderna.
In secondo luogo va detto che mentre le civiltà, proprio
in quanto tali, avevano la forza di reagire agli
squilibri, l'Italia contemporanea li patisce oltre ogni
ragionevole limite.
E dunque la metropoli. confuso crogiuolo di tipi, di
culture, di razze, di costumi, soffoca, succhia,
sterilizza, uccide l'uomo e la donna, l'anziano e
l'adolescente. Offre pigramente e maliziosamente lussuose
voluttà nei quartieri residenziali dove il ricco,
passando dal tennis alla piscina, dall'amichetta allo
spinello, si isola sempre di più e sempre più si
inaridisce in un'esistenza che i più fortunati
sopportano con semplici sbalzi d'umore, solo perché non
dotati di una buona intelligenza.
Confonde e disperde nell'ibridismo del quartiere popolare
dei benestanti, nel quale il collettivo e l'individuale
sono sfumati, ma regna sovrana l'ipocrisia ad uccidere
ogni slancio umano e le fa corona la poca disponibilità
economica per potersi organizzare una vita sensata.
Compie poi il suo ultimo crimine nei quartieri della
periferia.
Nelle borgate romane, nell'interland milanese, nei bassi
napoletani, nei cosiddetti quartieri-dormitorio, negli
anelli suburbani delle città industriali e portuali.
Qui il disagio è grande e il senso di ribellione cova
sotto la cenere. E unito a rapporti umani ben più
sinceri che nelle altre componenti il tessuto
metropolitano, tutto ciò potrebbe essere pericoloso per
il potere.
Ma qui esso interviene con il veleno del mito
propagandato. E il ghetto si sfoga in rapine, in scippi
per procurarsi i mezzi da quartiere residenziale. In
droga per sentirsi più forti ed ingannare le delusioni.
In galera ripetuta. In impotenza.
Questa è la realtà della metropoli.
A questa realtà noi opponiamo il mito della vita
naturale, della civiltà.
Di una realtà organizzata in borghi e villaggi di
campagna, di montagna, di mare. In borghi e villaggi dove
la vita si svolge serenamente senza l'ipocrisia e
l'ostilità che accompagnano la folle esistenza
metropolitana.
Di una realtà nella quale le città trovano un'altra
dimensione e un altro valore.
Siano porti, siano centri industriali, siano punti di
riferimento politico ed amministrativo, esse dovranno
essere organici centri di vita. Ristrutturate secondo
concetti urbanistici ed ecologici radicalmente diversi,
sviluppate intorno ad un centro spirituale e politico,
caratterizzate culturalmente, abitate da un numero di
abitanti di parecchio inferiore alle cifre odierne, le
città saranno organizzate secondo criteri diversi.
Non più caotiche jungle di asfalto e cemento in cui si
muore vivendo e si è sempre soli. In cui il nucleo
familiare è disperso e disintegrato. Ma insieme di
comunità organizzate e legate spontaneamente.
Ed a questa realtà opponiamo anche e soprattutto la gioia della lotta, che è sinonimo di vita.
Essere esempio!
«Non si può voltare il capo dinanzi al marasma
di iniquità che sommerge la nostra terra. E' dunque
tempo di dare una radicale soluzione. Ognuno è tenuto a
non tirarsi indietro»
E' compito di tutti coloro che non sono vigliacchi o
corrotti e posseggono il senso della dignità, unire gli
intenti per costituire una grande forza rivoluzionaria in
Italia.
Siamo giunti al punto di apparire banali quando si
elencano i sintomi dell incurabile male della repubblica.
Malcostume, corruzione, iniquità, clientelismo sono i
pilastri sui quali il sistema politico oggi si regge.
Droga, abbrutimento, nihilismo, individualismo
esasperato, infamia, isterismo, rabbia, crudeltà
emergono dai tessuti dilacerati di una collettività
senza orizzonti e senza speranze.
C'è chi, stanco di ogni angheria e di ogni ingiustizia,
prova un'amara soddisfazione dicendosi che intorno
affonda la barca con i suoi timonieri.
Ma sono atteggiamenti errati, sintomi di impotenza.
Non si giustifica la propria resa con un «cosa ci vuoi
fare?».
Ne c'è da essere soddisfatti della misera condizione
dell'Italia dei Tanassi, degli Andreotti, dei Berlinguer.
Essi stanno a galla e sono sempre più forti mentre quel
che rimane di un popolo asservito e diviso va in
disperata decomposizione.
E' dunque tempo di dare una radicale soluzione.
Un esempio che con la sola forza dell'esempio evochi un
nuovo credere ed un nuovo agire, che non è frutto di
agguati alle spalle, di rabbia e di vendetta.
Che è un'azione di vita e dunque di lotta e di civiltà.
Una rivoluzione che si dispiega e si esaurisce in poche
ma significative parole: responsabilità, chiarezza,
onestà, sacrificio, giustizia.
In questa rivoluzione fatta da uomini e non da fogli di
carta, da combattenti e non da sicari o agenti degli
interessi senza volto, si formerà la nuova Italia, dalla
quale le infezioni che ci affliggono, ideologie o
interessi di parte, saranno definitivamente messe al
bando. Ognuno è tenuto a non tirarsi indietro.
CONTRO TUTTI I PARTITI CONTRO TUTTI I CORROTTI
Oggi non ci si riconosce più. Non ci
si riconosce nel governo delle supertasse e delle leggi
speciali, nei dirigenti politici degli scandali e delle
corruzioni, nelle opposizioni partitiche e sindacali che
mal hanno agito in profondità proponendo un diverso
modello di vita.
Non ci si riconosce nelle culture importate: nel jazz,
nella disco-music, nei modelli dei "guerrieri della
notte" e dei borghesi annoiati.
Non ci si riconosce nella gioventù che si buca ed è già
vecchia a quindici anni. Non ci si riconosce nelle teste
di cuoio di Cossiga e Dalla Chiesa ne' nei brigatisti
rossi di ieri, di oggi, di domani.
Non ci si riconosce in un governo di schiavi che accetta
supinamente di servire la Casa Bianca nel Braccio di
ferro con il popolo iraniano.
Non ci si riconosce con chi viceversa a parole appoggia
Teheran ma tace sull'oppressione sovietica contro il
popolo afgano.
Non ci si riconosce in un sistema che insegna a delegare
e a non partecipare creativamente alla vita sociale, in
un sistema che ritualmente propone i suoi pescicani
multicolori agli appuntamenti elettorali.
Non ci si riconosce nelle fiere preelettorali, nelle
parole vuote, nelle figure meschine, nelle maschere e nei
volti del burocrati al soldo dei mercanti che vengono
ipocritamente ad elemosinare il proprio lauto stipendio.
Non ci si riconosce negli organismi amministrativi e
nella logica clientelare nella quale questi agiscono.
Non ci si riconosce negli amministratori di ogni colore,
di ogni fazione che sempre e comunque hanno tradito le
aspirazioni del popolo.
Vi è oggi, ovunque, crisi di identità.
Noi vogliamo trovarla questa identità che è la
principale tappa verso la libertà e l'autodeterminazione.
Vogliamo recuperare la nostra antica, nuova, attuale
cultura, le radici che collegano le nostre genti con il
passato più antico e con il futuro prossimo e lontano.
Vogliamo dare vita ad una comunità normale regolata
secondo natura e quindi secondo giustizia.
Non ci rivolgiamo a sterili intellettuali in grado di
schematizzare società perfette ma incapaci di educare i
propri figli.
Non ci rivolgiamo a masse diseredate per affondare
demagogicamente nella disperazione e stimolare gli
istinti più bassi al fine di facili ma caduche vittorie.
Non ci rivolgiamo ad emarginati impotenti per offrire in
cambio di manovalanza un qualsiasi inserimento sociale.
Ci rivolgiamo ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni
ragazzo della nostra terra e non offriamo loro promesse
ma li poniamo di fronte ad una scelta, assoluta.
O spegnere i propri giorni tra comode critiche e deleghe sbiadite lasciando morire ogni speranza di risveglio di un popolo oppresso, sbandato, lacerato neIl'anima, o incendiare la propria vita in una lotta lunga, difficile, ma sacrosanta, la cui bellezza è già una vittoria.
LA RIVOLUZIONE E' COME IL VENTO .... !
Nello scorso agosto l'oligarchia dei
mercanti, dei politicanti, degli aguzzini in toga e in
divisa ha sferrato la sua grande offensiva.
Massacrate ottantacinque parsone alla stazione dì
Bologna, dilaniate e smembrate decine e decine di
famiglie con cinica noncuranza, ha dato subito vita alla
mossa seguente: la persecuzione.
Ha colpito a destra chiunque potesse alzare una voce non
addomesticata dall'Msi, si è poi scagliata a sinistra
contro i resti dell'Autonomia.
In capo ad un mese il potere ha preparato il suo
ulteriore, più duro, massiccio, brutale attacco.
Si è scagliato contro le forze rivoluzionarie.
Ha ucciso il combattente Francesco Mangiameli, ha
perseguito, arrestato, ricercato decine e decine di
militanti.
Il suo attacco è proseguito capeggiato ia giudici
asserviti ed intolleranti, fiancheggiato da sgherri
ignobili con metodi da sbirraglia sudamericana.
I nostri migliori militanti seno stati catturati,
pestati, imprigionati senza prove, senza indizi, con
accuse false, vaghe e pretestuose.
II combattente Nanni de Angelis è stato sequestrato e
linciato da infidi omuncoli senza onore.
A questo punto il potere ha cantato vittoria.
Si è illuso di aver sgomberato il campo.
E in effetti le avanguardie rivoluzionarle non si sono
poste alla testa della popolazione nella crisi di autunno.
Mentre alla Fiat cadeva nella polvere il falso mito
sindacale dei baroni Lama e Berlinguer, non boicottaggio,
non sindacalismo rivoluzionario ma marcia di dissenso era
la risposta.
Nessuno si ergeva a travolgere i ladri in borghese e in
divisa, petrolieri e finanzieri, della banda-Moro mentre
crollava il rancido mito di quest'individuo mettendo in
evidenza non un martire ma un ladro tra i ladri,
rinnegato, falso e traffichino.
Noi non eravamo alla testa della nostra gente martoriata,
massacrata, umiliata e sfruttata a Napoli, a Potenza, ad
Avellino, a dare vita ad una nuova "epopea dei
briganti" contro gli eredi legittimi e reificati dei
predoni e dei massacratori al soldo delle logge
piemontesi.
Ma la loro vittoria è tutt'altro che definitiva, la
disfatta è solo rimandata.
Le avanguardie rivoluzionarie sono state colpite ma non
abbattute, incalzate ma non disperse.
Dove sapevamo di avere dieci militanti ne abbiamo trovati
cento, dove sapevamo di avere cento amici ne abbiamo
scoperti mille.
Ovunque le nostre idee e le nostre parole d'ordine
echeggiano e sono ripetute di bocca in bocca.
Ovunque le fila si riassestano pronte alla battaglia.
Per quattro anni abbiamo attaccato e colpito zona per
zona i nemici del nostro popolo.
Oggi questi hanno sferrato un attacco massiccio, sleale,
spietato, ma non hanno saputo nè piegarci, nè
sbaragliarci, nè metterci paura.
La fase della resistenza ad oltranza è incominciata.
E mentre l'impeto bestiale del nemico va scemando, la
nostre fila si rinforzano e crescono ogni istante di più.
Organizziamo nel nostro paese la lotta, portiamo in ogni
angolo la rivoluzione.
Rinsaldiamo l'unità con il nostro popolo.
Quando essa sarà piena e definitiva non vi sarà più nè
spazio, nè tempo, nè indulgenza per gli odierni tiranni.
Articoliamo ovunque, in Europa e nel mondo la nostra
battaglia.
Avanguardie ed avanguardie ci riconosciamo negli ideali,
nell'azione, nella lotta per la libertà e per la dignità.
Ovunque è un fermento rivoluzionario.
La vittoria non è forse immediata e forse neppure vicina
ma è sicura ed inesorabile.
Il nostro vessillo intriso nel sangue dei nostri caduti
saremo alla testa del popolo: un popolo contro i tiranni.
Ogni tentativo di piegarci e di privare ancora la nostra
gente della dignità, della libertà, del proprio destino
è uno sforzo ultimo che merita ironia e compassione e
che non riveste alcuna speranza: la rivoluzione è come
il vento, non la si può fermare, le si può solo far
perdere tempo... Il domani appartiene a noi.
"cadrò una volta due volte mille volte ancora, ma ogni volta mi rialzerò per tornare all'assalto! da uomo libero"
NANNI
E' L'ORA DELL'AZIONE !
20 Marzo, Catanzaro. Processo d'appello per la strage
di Piazza Fontana, 1969, Banca Nazionale
dell'Agricoltura, Milano.
Imputato di primissimo piano, Giorgio Freda, il «pedagogo
della rivoluzione» come preferisce definirsi. Verdetto :
ASSOLUZIONE.
I dieci anni già scontati tra carcere, confino,
domicilio coatto sembrano non averlo sconfitto.
Ha il viso di chi per dieci anni non ha cambiato una
virgola alle sue affermazioni, di chi oggi vede
riconoscersi la sua innocenza.
Non è un caso umano questo verdetto, è il più
importante avvenimento politico dell'ultimo decennio,
almeno.
Crollata la montatura di Catanzaro, si sgretola la pietra
di paragone di dieci anni di storia giudiziaria italiana,
la radice, la motivazione necessaria e sufficiente di 10
anni di persecuzioni politiche, fino al 28 agosto, fino
al 23 settembre.
Crolla rovinosamente nel ridicolo quella «costante
storica» che servì a Cossiga, la mattina stessa dopo la
strage di Bologna, per parlare di «bomba fascista» ed
indirizzare così le indagini dove più conveniva al
delicato momento politico, che bastò a Persico & co
per spiccare decine di mandati di cattura e centinaia di
comunicazioni giudiziarie e di mandati di perquisizione.
Niente più giustificazioni storiche, morali, giuridiche,
logiche a dieci anni di violenze, torture, vessazioni,
accuse e montature.
E' una certezza di vittoria leggere su giornali come «La
Repubblica» lo sdegno e la rabbia di chi si è visto
togliere da sotto al naso il più comodo dei colpevoli,
il più «ben costruito» dei carnefici.
«Quanto lavoro sprecato!» possiamo leggere sul suo
editoriale, e che di fatica ne era stata fatta per
costruire sulla stampa, giorno per giorno, una pista nera
abbastanza affascinante da tirar fuori dai guai sia
Valpreda sia una sinistra che, a quel tempo, non aveva
ancora scoperto le comodità del «compromesso storico»
o delle «convergenze parallele».
Il «pedagogo» sarà libero. Per quelli del 28 agosto
neanche un indizio, ed i termini sono ormai scaduti.
Anche per i rivoluzionari «terceristi» la libertà è
tutt'altro che lontana, scadenza termini, mancanza di
indizi, assoluzioni in istruttoria.
Le montature crollano sotto la spinta di un vento potente....
E la rivoluzione è come il vento, non la si può
fermare, le si può solo far perdere tempo!
PASSI SICURI, PASSI PESANTI E LENTI
Ed eccoci ancora qui.
Non abbiamo mollato.
Un anno è passato da quando, con la bomba del 2 agosto,
a Bologna, il potere sferrò il più deciso e
spregiudicato attacco al movimento rivoluzionario.
Il potere ha innescato la bomba, come sempre d'altronde,
ma chissà che questa non gli scoppi fra le mani.
Ci hanno dati per morti, ci hanno dati per spacciati,
eppure siamo qui.
Ci hanno perseguitati, incarcerati, uccisi; hanno
disperso le nostre famiglie.
Hanno versato su di noi fiumi di inchiostro velenoso.
«Calunniate, calunniate: qualcosa resterà...».
E qualcosa è rimasto, perché noi siamo qua.
Non un giornale, non solo carta stampata.
A Bologna, il 2 agosto, i nostri slogan erano li su muri
e volantini, ed altrove ancora.
Ma quel che più conta, dietro quei fogli e quei pennelli
c'erano uomini, c'erano quadri, c'erano militanti,
c'eravamo noi: c'era il movimento, il movimento.
Nanni è caduto, Francesco è caduto, ma solo un momento
ci siamo fermati a giurare Giustizia.
Abbiamo perduto case e famiglie, chi temporaneamente, chi
forse per sempre, ma non abbiamo mollato.
Ora un anno è passato, ora l'istruttoria chiude, ora il
potere è al bivio, o la libertà o il processo: in
entrambi i casi il verdetto sarà nostro.
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